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“Gli Stati Uniti non vogliono e non possono avere alleati migliori dell’Europa”, ha scritto in un tweet il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Tusk è stato primo ministro in Polonia, e la sua nazionalità ha un peso oltre al ruolo ricoperto su certe parole: Varsavia è certamente una delle capitali più interessate e preoccupate per quel che sta accadendo.

La dichiarazione di Tusk va contestualizzata: oggi, il nuovo quartier generale Nato di Bruxelles ospiterà il vertice dei leader politici dei paesi alleati. Un incontro che si preannuncia piuttosto teso, con un grande elefante nella stanza: l’americano Donald Trump, che appena atterrato su suolo europeo (ieri sera) ha sganciato uno dei suoi messaggi via Twitter. “L’Unione europea rende impossibile per i nostri agricoltori e lavoratori, e le imprese, fare affari in Europa (gli Stati Uniti soffrono un deficit commerciale di 151 miliardi di dollari), e poi vogliono che noi [ci impegniamo] per difenderli con gioia attraverso la Nato, e ben pagare per questo. Semplicemente non funziona!”.

Da sempre Trump pressa gli alleati europei perché si impegnino più, soprattutto nel sostenere le spese militari dell’Alleanza (per cui ha addirittura chiesto di essere rimborsato), che finora è andata avanti su un assunto: gli Stati Uniti ci mettono gran parte dei soldi, l’Europa ci mette politica, geografia e disponibilità, in una strategia generale di confronto con la Russia (more-or-less), che il presidente americano definiva “obsoleta” in campagna elettorale.

Le preoccupazioni di Tusk sono contingentate: la Polonia per esempio è uno dei paesi, insieme ai Baltici, che soffre più la pressione russa – a Mosca sostengono che la responsabilità della situazione è essenzialmente legata alla Nato, che non avrebbe rispettato il patto di non espansione ad est, includendo tra i membri paesi in diretto contatto geografico con la Federazione russa.

Ma c’è di più: gli europei sono preoccupati perché Trump potrebbe prendere durante il vertice iniziative dirompenti, per esempio l’annuncio di escludere gli Stati Uniti dalle prossime importanti esercitazioni congiunte (tipo “Anakonda”, che a metà novembre dovrebbe coinvolgere oltre 10mila uomini che arriveranno dai paesi membri in Polonia). Una mossa che sarebbe spiazzante per lo Shape; o ancora, tirare indietro gli americani da alcune presenze sul suolo europeo.

Tornando al contesto temporale, va aggiunto che un’eventuale uscita da certi impegni strategici profondi, arriverebbe a pochi giorni dall’incontro che Trump avrà con il presidente russo, Vladimir Putin. La sommatoria avrebbe “un impatto devastante”, ci dice in via anonima uno dei collaboratori che sta accompagnando una delegazione europea al vertice, “l’imprevedibilità del presidente ci consiglia di prepararci al peggio”, sebbene, “c’è ragionevole fiducia che Washington tenga ferma la Nato come riferimento strategico”.

Qualcosa su cui rassicurazioni sono arrivate dal breve tour Roma-Londra di John Bolton, il consigliere per la sicurezza nazionale americana, che poi è volato a Mosca per preparare il terreno per il vertice con Putin, che si terrà nel territorio neutro di Helsinki.

Il vertice Nato e l’incontro con Putin nel giro di cinque darà il senso di ciò che sarà l’asse occidentale nei prossimi anni. L’ansia non è infondata: l’ultimo grande consesso in cui Trump s’è mosso, il G7, diventato senza la Russia un altro pilastro dell’Occidente, è finito in subbuglio, con l’americano che – scelta storica – s’è rifiutato di firmare la dichiarazione congiunta tra i leader partecipanti e ha attaccato tutti, per primo il capo del governo canadese finito sotto gli strali di Trump che lo ha accusato di essere un “debole e un disonesto”, mentre qualche ora prima aveva richiesto la riammissione di Mosca nel formato, commentato l’abolizione delle sanzioni post-Ucraina con un “vedremo” e detto che la Crimea in fondo è russa perché i suoi abitanti parlano russo.

E dunque, in un momento in cui l’Europa cerca anche (o soprattutto) nella Nato il vettore con cui mostrare la compattezza occidentale e la solidarietà americana davanti alla crisi istituzionale generale e alle ingerenze russe, Washington sembra invece volersi svincolare da una Ue che, nell’ottica trumpiana dell’America First, è vista più che altro come un peso.

Sarà “più facile” trattare con Putin che andare a parlare alla Nato, ha detto Trump prima di salire sul Marine One che lo avrebbe portato alla base di Andrews per prendere l’Air Force One e iniziare il viaggio europeo che lo condurrà a Bruxelles e Helsinki, con tappa intermedia a Londra.

Ecco, proprio nella capitale inglese che soffre in questi giorni lo smottamento di ministri causa Brexit, Trump durante la sua visita ufficiale troverà un partner strategico fondamentale che ha in questo momento la posizione più dura di tutti con la Russia. Pochi giorni fa, il governo inglese ha accusato Mosca per la morte di una sua concittadina, su suolo britannico, a causa di una contaminazione da Novichok, il veleno nervino che secondo Scotland Yard è stato usato dai servizi segreti russi per tentare di uccidere, a inizio marzo, l’ex spia del Gru Sergei Skripal e sua figlia.

Tentato assassinio a cui Londra aveva già reagito con severità estrema portandosi dietro tutto il blocco occidentale, in una dimostrazione di quella compattezza che i membri Nato apprezzano.

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