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Lunga vita al Tap. Il gasdotto più discusso e martoriato d’Europa trova due sponde che più preziose non potevano essere. Quelle del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi e, ancora più in alto del Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Quasi un sigillo politico all’opera tanto contestata in loco dai movimenti No-Tap quanto nelle aule e nei palazzi dal Movimento Cinque Stelle. Resosi conto però nelle ultime settimane  che all’opera non si può rinunciare.

Il Tap, opera strategica da 4 miliardi e mezzo in grado di rendere l’Italia un po’ meno appesa agli stoccaggi di gas in caso di crisi con la Russia, si farà. I segnali giunti oggi da Baku, capitale dell’Azerbaijan, tra i primi produttori di gas al mondo e sorgente del Tap, sono inequivocabili, quasi non ammettono replica a chi, fino ad oggi, ha sperato di bloccare un progetto che persino l’Europa vuole a tutti i costi (quattro mesi fa la Bei, la banca europea per gli investimenti, ha approvato un finanziamento aggiuntivo da 1,5 miliardi).

Mattarella (nella foto con il presidente İlham Əliyev), in visita a Baku insieme a Moavero Milanesi, è stato chiaro sul futuro del Tap, come mai finora, rassicurando una volta per tutte le autorità azere che volevano capire se l’Italia è in grado o meno di mantenere la parola data. “C’è il comune impegno a portare a compimento il corridoio meridionale che dovrebbe portare il gas dell’Azerbaijan fino in Puglia”, ha chiarito il Presidente della Repubblica. Che non si è certo fermato qui. “Italia e Azerbaigian hanno un rapporto molto intenso sul piano energetico. La scelta strategica del corridoio Sud del gas (di cui il Tap è asse portante, ndr) è condivisa dall’Italia e Tap, che è parte di questo corridoio, è il naturale completamento di questa scelta”.

Quanto a Moavero, non poteva che giocare la carta della diplomazia: stessa sostanza del discorso (il Tap non si discute) ma nemmeno asfaltare come un rullo compressore le istanze e i timori ambientali della popolazione locale. Il gasdotto è “un’opera estremamente importante, rappresenta un modo per diversificare la dipendenza dai fornitori. Per il governo l’opera è importante anche perché il gas è più pulito di petrolio e carbone. Quindi la partecipazione italiana al progetto viene mantenuta”.

Tuttavia, “le preoccupazioni della popolazione locale circa l’impatto ambientale dell’opera saranno prese in carico dal Mise”, ha spiegato Moavero. “Abbiamo chiesto che ci si faccia carico delle preoccupazioni con un dialogo trasparente e non di facciata. Con maggiore trasparenza e venendo incontro alle preoccupazioni della gente credo si possa arrivare a risultato”, ha concluso.

A questo punto è arrivato il colpo di grazia, nonostante un mese fa il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, avesse bollato come “inutile” l’opera . Nello stesso Movimento, forse, ci si è convinti di un fatto. Che l’alternativa a chiudere il cantiere sarebbe pagare al consorzio internazionale , di cui fa parte Snam con una quota del 20% , una penale stimata in 8 miliardi di euro. Oltre a questo, significherebbe rinunciare a una fonte strategica di approvvigionamento energetico, capace di migliorare la diversificazione delle fonti per l’Italia, rendendola meno dipendente da singoli Paesi fornitori.

 

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