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Sul fronte dell’immigrazione Matteo Salvini si è posto un altro obiettivo: far togliere l’embargo alla Libia. Certamente sa che si tratta di una missione impossibile e il vero obiettivo sarebbe quello di una limitazione all’embargo per consentire al governo di Tripoli di acquistare mezzi per combattere meglio il traffico di esseri umani: imbarcazioni e armi. Non è detto che ci riuscirà, ma è stato uno degli argomenti al centro dell’incontro del ministro dell’Interno con il vicepresidente del Consiglio presidenziale libico, Ahmed Maitig, nel quale si è discusso anche di collaborazione sul fronte economico.

PIÙ MEZZI ALLA GUARDIA COSTIERA

Nella conferenza stampa successiva all’incontro Maitig ha glissato sulle 12 imbarcazioni che il Consiglio dei ministri ha deciso di donare alla Libia, forse perché non si tratta di mezzi nuovi, ma il suo messaggio (all’Italia e all’Europa) è stato chiaro: “Al momento non abbiamo mezzi di sostegno a disposizione della Guardia costiera e della polizia sul territorio. Non riusciamo a garantire la sicurezza marittima perché la Libia è vittima dell’embargo”. Anche Salvini è stato chiaro: la fine dell’embargo è il tema più importante e la Libia dev’essere il primo punto all’ordine del giorno del vertice dei ministri dell’Interno dell’Ue previsto per il 12 luglio a Innsbruck, il giorno successivo all’incontro che Salvini avrà con l’omologo tedesco, Horst Seehofer. Sui mezzi da destinare alla Guardia costiera libica, Salvini ha precisato che “si sta lavorando” su altri 17 mezzi oltre ai 12 già decisi. Sui tempi non ci sono certezze anche se la Marina libica sulla propria pagina Facebook ha scritto che le due unità navali da 27 metri classe Corrubia (quelle della Guardia di Finanza) saranno consegnate a ottobre.

I PERMESSI UMANITARI

Il tema dello stop ai barconi si lega alla realtà italiana e una circolare inviata dal ministro dell’Interno ai prefetti ha scatenato furiose polemiche che Salvini ha provato a ridimensionare. Com’era prevedibile da settimane, l’intenzione è ridurre la concessione della protezione umanitaria, il terzo tipo di protezione (che la maggior parte delle altre nazioni non ha) dopo l’asilo e la protezione sussidiaria. La media dell’ultimo quinquennio riportata nella circolare indica nel 7 per cento il riconoscimento dello status di rifugiato, nel 15 per cento quello della protezione sussidiaria e nel 25 per cento quella umanitaria, che quest’anno è salita al 28. L’interpretazione in base alla quale si vorrebbe privare di questa protezione donne incinte e bambini è stata smentita dal ministro: “Donne incinte, bambini e rifugiati restano in Italia”, il punto è negare il permesso a chi non ne ha diritto visto che la protezione umanitaria si concede in casi eccezionali.

LE FRONTIERE ESTERNE

La prossima settimana il ministro dell’Interno incontrerà l’inviato dell’Onu per la Libia, Ghassan Salamé, ribadendo che l’unico interlocutore dell’Italia resta il governo di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite senza escludere di incontrare il generale Khalifa Haftar e altri, ma solo in un quadro legalitario, il che significa in un futuro molto lontano. Entro l’estate Salvini visiterà tutti i Paesi del Nord Africa e la prossima settimana avrà una riunione sul Sahel. La difesa delle frontiere esterne, che significa il controllo dei flussi in diversi paesi africani, sarà uno dei temi dell’incontro con Seehofer con il quale Salvini si dice sicuro di andare d’accordo. La posizione rigida sull’immigrazione tenuta in Germania da Seehofer potrebbe tradursi in un sostegno a concentrare in Africa gli sforzi, altrimenti saranno altre parole al vento. Nello stesso tempo, Salvini rilancerà il problema dei ricollocamenti: finora sono stati 12.723, secondo il ministro ne mancano 32mila di cui 10mila in Francia. Forse le cifre reali sono leggermente inferiori, ma non c’è dubbio che gli europei non hanno intenzione di rispettare gli accordi del 2015. Salvini si prepara a un altro scontro durissimo: “Prima di riaccogliere un solo richiedente asilo proveniente da Paesi dell’Ue, vogliamo notizie precise su come l’Ue ci aiuterà sulle frontiere esterne”, posizione che lascia prevedere riunioni molto tese già a Innsbruck.

Sulle frontiere meridionali della Libia, Maitig ha ricordato il progetto del 2009 pari a 380 milioni di euro: come sta già facendo l’Italia “sarebbe fondamentale che l’Ue e ogni singolo Paese contribuisse perché così aiuterebbe nella lotta all’immigrazione clandestina”.

LA SITUAZIONE PERICOLOSA

Non ha spiegato come, ma Salvini ha annunciato di aver già recuperato 42 milioni dalle spese per l’assistenza spostandole sul capitolo dedicato ai rimpatri citando i “rimpatri volontari” dall’Italia come quelli che l’Onu sta organizzando dall’anno scorso dalla Libia ai Paesi di provenienza. Se ne deduce che anche in Italia si individueranno soggetti che accetteranno di tornare indietro con una somma da investire nella terra d’origine.

Nel frattempo alle centinaia di migliaia di persone ferme in Libia, quasi sempre in campi gestiti come lager dai trafficanti, si aggiunge il sempre maggiore afflusso di tunisini che il ministro garantisce saranno rimandati indietro rapidamente: tra i 16.707 sbarcati fino al 5 luglio (meno 80,3 per cento rispetto al 2017, meno 85,9 dalla Libia) i tunisini sono i più numerosi con 3.006 unità. Se è fondamentale bloccare i flussi da Sud, “in Tunisia c’è un milione di libici, la situazione è pericolosa”. Detto dal ministro dell’Interno, non promette niente di buono.

maitig

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