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“Oggi la Chiesa è giunta a un punto altissimo e discriminante: è più una filosofia che una fede. Ha cioè inglobato dentro di sé anche il deismo. Tante delle istanze del modernismo, oggi, sono senso comune della Chiesa cattolica,  come ad esempio la critica testuale. Ricordo nel settembre del ‘43 quando Pio XII autorizzò la critica testuale: era una grande apertura verso il modernismo, che di essa si era nutrito. Ciò ha portato a una evoluzione concettuale raffinata, che intendo definire più deismo che teismo, una vittoria dell’illuminismo post mortem”. È l’affondo pronunciato dallo storico Luciano Canfora durante la presentazione del volume edito da Il Mulino, e a cura di Giorgio Fabre e Karen Venturini, “La Chiesa tra Restaurazione e modernità”, avvenuta mercoledì 17 gennaio presso la sede della Società Dante Alighieri di Roma.

L’INTERVENTO DELLO STORICO LUCIANO CANFORA

“Questo è un problema, perché cambiano le questioni di separazione dalle altre chiese, e perché il grande proselitismo vive un’esperienza aggressiva conflittuale dilaniante all’interno e conflittuale all’esterno, specialmente con l’islam, quasi ricordando le guerre di religione del sedicesimo secolo, tempo in cui ragioni profonde si traducevano in conflitti religiosi. È anzi il problema del presente, perché non è solo un confitto tra fedi, ma perché il fanatismo islamico ha intercettato un grande problema mondiale: dopo il fallimento dei socialismi arabi che hanno avuto un disastro come epilogo, questa forma di fanatismo intercetta ciò che un tempo si chiamava antimperialismo”, ha proseguito Canfora. “Modernità e restaurazione si capiscono se si hanno gli occhi fissi sul tempo della storia”, ha così aggiunto lo storico. “Nella modernità che viviamo la Chiesa si trova alle prese con qualcosa che riesce a capire, ma in cui non viene capita”, ha poi concluso.

IL LIBRO EDITO DA IL MULINO “LA CHIESA TRA RESTAURAZIONE E MODERNITÀ”

Il libro narra perciò due secoli di storia, e ripercorre l’itinerario compiuto dalla Chiesa cattolica a partire dal Congresso di Vienna del 1815 fino alla situazione odierna, con la figura dell’attuale pontefice che la fa da padrone. “Nel considerare il soggetto Chiesa tra modernità e restaurazione, vediamo che il primo è uno dei temi non risolti della nostra epoca, e che viene affrontato con logiche che creano polarizzazione. C’è la modernità che la Chiesa non può eliminare, e c’è la Chiesa che la modernità non può eliminare: è quindi un rapporto complesso”, ha spiegato lo storico e giornalista Marco Roncalli. Relazione che porta fino all’odierno passaggio “da una Chiesa di minoranza a una Chiesa di popolo, dove le sfide si giocano non sul terreno della secolarizzazione ma della globalizzazione, sui processi e sull’innescamento di dinamiche tese a realizzare il cristianesimo inclusivo di Papa Francesco”, ha proseguito Roncalli richiamandosi all’introduzione del libro scritta dal presidente della Società Dante Alighieri Andrea Riccardi. “Ma è stato così anche nel Concilio: non c’erano processi di riforma definiti, ma ci si apriva a dei processi”, ha chiosato lo storico e giornalista.

L’ultimo punto del libro è la Chiesa e “la legittimità di posizioni autonome dal magistero ecclesiastico, cioè il pluralismo interno, con una spiritualità costruita forse più su Rosmini e Manzoni che sulle encicliche papali dell’ottocento. Che la realtà non è riconducibile al magistero è infatti un dato, come anche il fatto che non tutti gli interventi hanno lo stesso peso e coinvolgimento. Perché come ha detto in Cile il Papa, la Chiesa non è e non sarà mai un élite di consacrati, sacerdoti e vescovi”, ha così concluso Roncalli.

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA DANTE ANDREA RICCARDI

Il tempo della Chiesa oggi “è un altro tempo”, ha quindi spiegato in conclusione lo stesso Riccardi. “La Chiesa è un popolo complesso, fatto di tradizione e innovazione. Nei confronti della modernità il cattolicesimo assume una posizione nuova e complessiva, quella dell’intransigenza. Che cioè non vuole farsi dettare l’agenda. Intransigenza che può essere vissuta anche come profezia o alternativa, e che non è fondamentalista, perché conosce cambiamenti, adattamenti, modificazioni”. La stessa “opposizione alla modernità” significa poi “anche rafforzamento dell’internazionalismo cattolico, contrapponendosi e dialogando con il senso della nazione e del nazionalismo”, ha proseguito Riccardi.

Bergoglio in ogni caso “si rifà al Concilio Vaticano II, e qui c’è la domanda sul cattolicesimo latino americano, che nel Concilio si romanizza”, ha ancora affermato. “Perciò dietro Bergoglio dobbiamo vedere più cose: il cattolicesimo latino americano, il concilio Vaticano II, e un cattolicesimo giunto dagli estremi confini del mondo”. Francesco quindi, ha concluso lo storico, “ribalta l’idea di cattolicesimo di minoranza. C’è una religione che non passa ma che cambia: la sfida allora per il cattolicesimo non è più la modernità ma il mondo globale e le forme diverse di cattolicesimo, come le teologie della prosperità, le comunità pentecostali, e diventa un’alternativa che ha consonanze col mondo del mercato globale. Bergoglio a tutto questo dà una risposta di continuità e di alterità”.

Papa Francesco

La Chiesa tra restaurazione e modernità. Gli interventi di Canfora, Riccardi, Roncalli

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