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Secondo l’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’Onu, le vittime civili nei primi 14 mesi di guerra in Ucraina sono state quasi 23.000 (circa 8.500 morti e 14.300 feriti).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato più di 112.000 morti di Covid-19 ucraini, in gran parte per la scarsa copertura vaccinale della popolazione.

Quantificare la portata di morte di una catastrofe non solo è triste, ma anche impossibile e questi numeri sono di certo imprecisi: (probabilmente) sovrastimano le vittime della pandemia, (sicuramente) sottostimano quelle di guerra.

Tuttavia, rimandano ad un altro aspetto incontrovertibile.

Nel 2021, davanti alle urgenti richieste di Kiev all’Occidente di dosi di vaccino, restarono immobili gli stessi Donatori Occidentali che meno di un anno dopo si sarebbero precipitati ad aiutare il Paese dopo l’invasione russa.

Si potrebbe ribattere che l’aiuto dei Donatori Occidentali non era possibile poiché essi stessi erano afflitti dalla grave carenza di dosi vaccinali.

Anche se va detto che questo deficit non è stato il frutto di una fatalità ma l’inevitabile risultato della scelta dei paesi Occidentali di affidarsi ad un Vaccino-Economico-Commerciale prodotto e controllato da grandi aziende farmaceutiche, alle quali sono stati ceduti dei pezzi di sovranità sanitaria.

Aiuto Interventista e fine geo-politico

Resta il fatto che la crisi pandemica del 2021 in Ucraina non abbia provocato nei Donatori Occidentali lo stesso livello di allarme provocato poco dopo dall’attacco militare russo.

Il fatto che Kyiv – già in rottura con Mosca – non volesse usare il vaccino Sputnik V offerto dalla Russia,  non ha comportato nel 2021 il rischio per l’Occidente di perdere influenza su un prezioso partner strategico, peraltro a vantaggio del suo principale competitor.

Nonostante l’ alto numero di vittime, la crisi pandemica non è stata un’emergenza geo-politica tale da giustificare una reazione tempestiva come quella seguita subito allo scoppio del conflitto.

La laconica osservazione è che nel 2021 sia la proposta di Mosca di fornire gratuitamente lo Sputnik V agli ucraini; che il rifiuto di Kyiv di accettarlo; che i Donatori Occidentali che non hanno considerato una priorità gli appelli ucraini, sono esempi lampanti di decisioni prese anteponendo obiettivi geo-politici a quelli umanitari.

Del resto, che l’imponente sistema degli aiuti registrato nel conflitto ucraino sia stato mosso da obiettivi in primis politici lo dimostrano otto peculiarità che li riguardano, elencate nel dettaglio in un precedente articolo su queste pagine.

La loro interazione ha messo in pratica un nuovo modello di Aiuto Interventista opposto a quello Neutralista che ha caratterizzato in passato gli aiuti Occidentali – umanitari in emergenza o di cooperazione allo sviluppo.

Il nuovo aiuto è ad ampio spettro (militare, finanziario, politico etc.) prende parte attiva nella crisi per condizionarne andamento ed esito, definendo obiettivi in primis politici e non umanitari, agendo di conseguenza in base alle esigenze tattiche dello scenario.

Questo promette di avere un impatto futuro sul Sistema Internazionale ben oltre il singolo caso ucraino.

Di seguito, ecco tre ipotesi sui possibili sviluppi futuri a riguardo.

Nuovo Ordine Mondiale e Aiuto Interventista

Che la guerra in Ucraina abbia di fatto accelerato una globale ridefinizione degli equilibri (e quindi anche dei rapporti di forza) nei Sistema Internazionale inevitabilmente mette l’Aiuto Interventista tra gli elementi costitutivi di un nuovo Nuovo Ordine Mondiale.

Ne seguirebbe un aumento dell’importanza delle politiche di aiuto statuale su scala globale e un ricorso sistematico a modelli di Aiuto Interventista nelle relazioni internazionali, magari non limitato ai soli scenari di crisi di emergenza.

Di pari passo, questo segnerebbe la normalizzazione dell’utilizzo tattico dell’aiuto per il raggiungimento di obiettivi primari politici, apertamente anteposti a quelli umanitari.

La post-democrazia dell’Aiuto 

L’imporsi dell’Aiuto Interventista renderebbe cronica una crisi di legittimità già visibile in Ucraina per via dell’enorme quantità (e costi smisurati) degli aiuti militari inviati, nonostante gli sforzi delle narrative dei Donatori di equipararli al tradizionale aiuto “buono” umanitario, cui sono andate risorse di molto inferiori.

Al pari delle politiche della sanità, del welfare, del lavoro anche quelle dell’aiuto diventerebbero terreno di scontro politico e uscirebbero dall’alveo di a-criticità garantito loro nei passati decenni in nome dell’Aiuto Neutralista.

De-idealizzato e politicamente divisivo, inviso a parte della pubblica opinione perché considerato imposto dall’alto, l’Aiuto Interventista aprirebbe ad una fase di Post-democrazia dell’Aiuto. Reale o percepita, poco importa.

Della questione verrebbero investiti soprattutto i Donatori Occidentali che nel promuovere in passato l’Aiuto Neutralista, nella comunicazione istituzionale lo avevano tenuto rigorosamente separato dalle loro politiche di cooperazione militare.

Terza Guerra (dell’Aiuto) Mondiale

Un Nuovo Ordine Mondiale basato sull’Aiuto Interventista segnerebbe una passaggio dalle Guerre degli aiuti “buoni” tra Donatori in competizione del passato a future politiche di aiuti bellici ad ampio spettro, portati a sistema.

Si scivolerebbe in una molteplicità di conflitti regionali, circoscritti, spalmati sui principali scenari, combattuti da remoto dai Donatori con aiuti (e sanzioni) usate come armi ibride e capaci di opporsi militarmente a missili e carri armati tradizionali.

È al contempo una visione (di certo) cupa, (forse) consolante.

Cupa, perché prospetta un regresso delle relazioni internazionali ad una conflittualità a macchia di leopardo di stampo ottocentesco e uno svuotamento di significato di diritti umani, politici e sociali che consideriamo oramai assodati e inamovibili.

Con in aggiunta l’aggravante di un asse geo-politico spostato dalla vecchia Europa centrale ad Ovest verso gli Usa; ad Est verso una Grande Eurasia a trazione cinese.

Come la paura del peggio porta a rallegrarsi del meno peggio, di consolante ci sarebbe una Terza Guerra Mondiale distribuita su tanti focolai ma combattuta a bassa intensità da Donatori con Aiuti interventisti.

Si allontanerebbe l’ incubo di una catastrofe nucleare, seguita dalla fine di tutto.

Reale o percepita, poco importa.

La post-democrazia dell'Aiuto. Scrive Pellicciari

Un Nuovo Ordine Mondiale basato sull’”Aiuto Interventista” segnerebbe una passaggio dalle guerre degli aiuti “buoni” tra Donatori in competizione del passato a future politiche di aiuti bellici ad ampio spettro, portati a sistema. Si scivolerebbe in una molteplicità di conflitti regionali, circoscritti, combattuti da remoto dai Donatori con aiuti (e sanzioni) usate come armi ibride e capaci di opporsi militarmente a missili e carri armati tradizionali. Gli scenari di Igor Pellicciari, ordinario di Storia delle istituzioni e relazioni internazionali all’Università di Urbino

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