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Luce verde ai governi per sussidiare, seppur con specifiche salvaguardie, le transizioni verde e digitale. L’ha annunciato oggi Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva della Commissione europea con delega alla Concorrenza.

E l’ha fatto da reduce da una sconfitta politica. Nei giorni scorsi, infatti, come raccontato su Formiche.net era andato in scena uno scontro a distanza tra lei e Thierry Breton, commissario al Mercato interno, sull’opportunità di interventi pubblici per far ripartire il settore strategico dei semiconduttori. Lei (che ha dato voce ai “frugali” spaventati anche dai numeri che vedono i grandi Stati membri in testa alle classifiche dei via libera agli aiuti di Stato) più attenta ai conti, lui (sostenuto da Francia e Germania) più propenso all’intervento pubblico: dinamiche non diverse da quelle a cui abbiamo assistito sul rapporto tra Unione europea e Big Tech.

Poche ore prima della conferenza stampa di Vestager, la cancelliera tedesca Angela Merkel era stata netta parlando con Reuters: “Una produzione competitiva di semiconduttori è impossibile senza sussidi statali”. E a giudicare dai toni oltreché dai contenuti presentati dalla vicepresidente della Commissione europea, la mano di Berlino e di Parigi, registi della coalizione che ha portato alla nascita dell’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen e in prima fila nella corsa ai semiconduttori, s’è fatta sentire. Con loro sembra esserci Roma, che sta cercando di attirare il colosso americano Intel: in più occasioni il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha sottolineato l’importanza di una “riflessione sulla compatibilità tra sovranità tecnologica e aiuti di Stato”. Ma, come ha spiegato La Stampa, il governo italiano vuole “evitare che il via libera al sostegno pubblico per le imprese private possa in qualche modo creare squilibri tra gli Stati, favorendo chi ha margini di spesa e penalizzando chi invece deve fare i conti con i cordoni della borsa che torneranno a stringersi”.

Se l’Unione europea nella ricerca – settore in cui è prevista la possibilità di aiuti per i progetti d’interesse europeo (Ipcei) – può contare su alcuni “campioni” come la belga Imec, la francese Leti/Cea e la rete tedesca Fraunhofer-Gesellschaft, lo stesso non si può dire per la produzione. Negli ultimi due decenni è passata dal 25% all’8% di quota del mercato globale. Crollo che la pandemia Covid-19 ha reso ancora più evidente e pesante. Basti pensare alle difficoltà causate in molti settori, a partire da quello dell’automobile.

Nel secondo trimestre del 2022, la Commissione europea presenterà lo European Chips Act, la sua bussola per raggiungere l’obiettivo di produrre entro il 2030 un quinto dei chip nel mercato globale. Per farlo, però, servono investimenti. “Gli incentivi governativi continuano a giocare un ruolo decisivo nell’attrarre e mantenere la capacità di produzione di semiconduttori in una regione”, ha spiegato un recente rapporto della società di consulenza strategica Kearney. Lo stesso documento sottolinea poi quanto per l’Unione europea sia fondamentale rafforzare la collaborazione con l’americana Intel, la sudcoreana Samsung e la taiwanese Tsmc (che, infatti, stanno valutando su investimenti nel Vecchio continente). Anche gli Stati Uniti, con il recente via libera all’Innovation and Competition Act hanno deciso di mettere mano al portafogli per rilanciare l’industria che negli anni passati ha subito la fortissima (e sussidiata) concorrenza asiatica (cinese in particolare): sul piatto ci sono 52 miliardi di dollari.

Ora tocca all’Unione europea. Vestager ha annunciato anche l’adozione della comunicazione “Una politica della concorrenza all’altezza delle nuove sfide” che, ha spiegato, “ci offre l’occasione per sottolineare l’importanza di un’attuazione delle regole che sia forte, indipendente e basata sui fatti in Europa”. Ha comunque tenuto a ricordare, a ribadire la sua linea, che la politica della concorrenza è “essenziale per la ripresa”. L’economia europea ha bisogno “di una fornitura sicura di semiconduttori”, ha proseguito: siamo “siamo dipendenti da un numero limitato di compagnie e di geografie” e dunque “vulnerabili alle limitazioni all’export da parte di Paesi terzi e ad altri intralci, in un contesto geopolitico”. Per questo, “la Commissione potrebbe valutare l’approvazione di sostegni pubblici per coprire possibili carenze di fondi nell’ecosistema dei semiconduttori, per installare stabilimenti in Europa” per la produzione di semiconduttori.

La via è quella indicata da Merkel in una lettera citata dal Sole 24 Ore . “Questi aiuti basati sull’articolo 107, paragrafo 3, Tfue sarebbero soggetti a solide salvaguardie in materia di concorrenza, oltre a garantire che i benefici siano ampiamente condivisi e senza discriminazioni in tutta l’economia europea”, ha spiegato.

Vestager ha anche annunciato la proroga del quadro temporaneo sugli aiuti di Stato fino al 30 giugno 2022 e alcuni aggiornamenti delle regole. Arriva così una stretta sui sussidi legati ai “combustibili fossili, in particolare quelli più inquinanti come petrolio, carbone e lignite”. L’obiettivo, ha spiegato la Commissione, è di “garantire la coerenza” della politica antitrust con i principi del Green Deal, come quello del “chi inquina paga”.

La revisione delle regole del settore energetico è una causa a cui tiene in maniera particolare la Francia di Emmanuel Macron, che ha recentemente annunciato l’intenzione di costruire nuove centrali nucleari per, assieme alle 56 già operative, “garantire l’indipendenza energetica” del Paese e arrivare alla neutralità carbonica entro il 2050. Parigi, infatti, è in fortissimo pressing su Bruxelles affinché il nucleare rientri nella tassonomia verde, la classificazione delle fonti di energia con un minor impatto sull’ambiente. E in questa direzione l’apertura della Commissione europea sugli aiuti di Stato può rappresentare un primo passo in avanti.

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