Skip to main content

La sfida tecnologica con la Cina continua a tenere banco negli Stati Uniti, come raccontiamo da giorni su Formiche.net. Basti pensare che di confronto tra “tecno-democrazie e tecno-autocrazie” ha parlato anche il segretario di Stato Antony Blinken durante la sua audizione di conferma al Senato.

E così un articolo firmato da un anonimo che si descrive come “ex alto funzionario governativo con profonde competenze ed esperienza sulla Cina”, pubblicato su Politico.com, sta facendo discutere gli addetti ai lavori. Si tratta di un estratto di un rapporto pubblicato dall’Atlantic Council con il titolo “Toward a new American China strategy”. “È ora urgente che questo Paese sviluppi una strategia nazionale integrata e bipartisan per guidare la politica degli Stati Uniti verso la Cina di Xi [Jinping] per i prossimi tre decenni”, si legge. Sbagliato pensare che ci sia già: la dichiarazione di “concorrenza strategica” pronunciata dall’ex presidente Donald Trump come la “sfida centrale” per il Paese ha “lanciato l’allarme”. Tuttavia, gli sforzi per attuare una politica organica sono stati “caotici e, a volte, contraddittori”: in sintesi, “competizione strategica è una dichiarazione di atteggiamento dottrinale, non una strategia globale che è stata messa in pratica”.

Il documento invita Washington a scommettere contro Xi. E lo fa alimentando la teoria secondo cui la sua figura abbia creato lacerazioni nel Partito comunista cinese e dipingendo il presidente cinese quasi come se fosse Vladimir Putin sottolineandone arricchimento personale e familiare per esempio. Un’impostazione che però un esperto di Cina come Bill Bishop rifiuta. Come scrive nell’ultima edizione della sua newsletter Sinocism, il rapporto anonimo “sopravvaluta” le divisioni e “erroneamente presume” che un Partito comunista cinese senza Xi possa avere una natura diversa da quella attuale. Potrebbe finire anche peggio, dice, con un ultranazionalista o uno dei vertici dell’Esercito.

Bishop si interroga anche sull’identità dell’autore e scrive: “Non ne ho idea. La mancanza di citazioni in lingua cinese nelle note a piè di pagina dell’intero articolo mi fa pensare che sia qualcuno che non ha grandi competenze di lingua cinese, il che potrebbe restringere [la rosa d]i candidati. Il documento è critico nei confronti dell’approccio dell’amministrazione Trump, ma non penso implichi che l’autore non abbia prestato servizio durante l’amministrazione Trump”.

È lo stesso Bishop a suggerire però un’altra lettura, “molto più importante” per l’approccio statunitense. Si tratta di un’analisi pubblicata su War on The Rocks. L’autore è James Mulvenon, director of intelligence integration della SOS International, esperto di cyber, trasferimento di tecnologia, spionaggio e questioni militari cinesi. Il suo nome circola per un posto al dipartimento del Commercio: potrebbe essere lui il nuovo capo del cruciale Bureau of Industry and Security. “La Repubblica popolare cinese odierebbe vederlo ottenere un ruolo del genere, e così farebbero i lobbisti dell’industria tecnologica”, commenta Bishop. “La scelta per questo lavoro sarà uno dei segni più chiari che avremo della visione del team Biden per il rapporto tra Stati Uniti e Cina”.

Ecco cosa scrive Mulvenon, che parla di “rinnovato tecnonazionalismo cinese”: “Piuttosto che concentrarsi eccessivamente sui dazi e altre azioni punitive, l’amministrazione entrante deve trovare un delicato equilibrio, perseguendo investimenti aggressivi e, in alcuni casi, ricostruendo la ricerca, la tecnologia e la base industriale degli Stati Uniti, perseguendo anche politiche estere che cercano di promuovere il commercio caratterizzato da mutuo vantaggio e reciprocità”. In questo sarà fondamentale il lavoro del dipartimento del Commercio e quello del Bureau of Industry and Security, che avranno il compito di “promuovere le opportunità degli Stati Uniti nei mercati esteri e proteggere allo stesso tempo la tecnologia americana da esportazioni e furti illegali”.

Come fare? Servono anche le Big Tech, come sembra suggerire l’esperto. Il Bureau “dovrebbe iniziare ponendo gli interessi degli Stati Uniti, la loro vitalità economica a lungo termine e il loro popolo, davanti agli interessi finanziari a breve termine di Silicon Valley, Wall Street e altre multinazionali, che non sempre sono in linea con gli interessi degli Stati Uniti”, scrive.

Che la sua sia una proposta di accordo ai colossi della tecnologia? Staremo a vedere. Perché, anche se noi europei volessimo tenerci alla larga dalla sfida tra Stati Uniti e Cina oltre che da quella tra tecno-democrazie e tecno-autocrazie, visto il pressing di molte capitali del Vecchio continente per la digital tax, la questione ci riguarda da vicino.

Xi o non Xi? Un rapporto anonimo dell’Atlantic Council fa discutere gli Usa

Un rapporto Atlantic Council firmato da un anonimo ex funzionario Usa indica la strada all’amministrazione Biden: scommettere contro Xi. Ma alcuni esperti sono scettici: meglio rafforzarsi sul fronte tecnologico

Cresce il budget, ma diminuisce la collaborazione. Tutti i numeri sulla Difesa europea

L’Eda ha pubblicato i dati sulla spesa per la Difesa dei Paesi membri del 2019. Aumentano i budget, soprattutto per quanto riguarda l’acquisizione di piattaforme e attrezzature, mentre rallentano ricerca e sviluppo. Il dato negativo è nella riduzione degli investimenti in programmi collaborativi, mentre l’Italia…

Coronavirus, caos vaccini: tempesta europea su AstraZeneca. Il video

Coronavirus, caos vaccini: tempesta europea su AstraZeneca [embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=VratqvYX-Ig[/embedyt] Milano, 28 gen. (askanews) - In Europa la situazione dei vaccini anti-Covid19 sta diventando sempre più problematica. Una vera e propria tempesta si sta abbattendo sull'azienda farmaceutica britannica AstraZeneca che produce il vaccino contro la Covid-19 messo a punto dall'Università di Oxford, in Regno Unito. Vaccino diventato un "pomo della discordia"…

Centrodestra unito da Mattarella: il grande bluff

Possiamo dubitare dell’europeismo dell’ultim’ora di qualche parlamentare. E risulta difficilmente comprensibile l’atteggiamento di chi, come Più Europa ed Azione, si professa europeista ed allo stesso tempo affossa l’ipotesi di un governo quantomeno non anti-europeo, che riconosce la rilevanza strategica per il paese del dialogo con la UE, rischiando così di spedirci verso elezioni che farebbero probabilmente vincere un centrodestra apertamente…

La fine di Trump non è la fine di QAnon, cavallo di troia dell’estrema destra. Scrive Molle (InSight)

Di Andrea Molle

La sconfitta dell’ex presidente statunitense Trump non ha portato alla scomparsa di QAnon, anzi ha acuito le tendenze aggressive degli individui che abbracciano questa teoria della cospirazione. L’analisi di Andrea Molle, senior researcher Start InSight (Lugano), assistant professor Chapman University (California)

Un Recovery sulla carta. La proposta di Medugno

Creare su nuovi campioni nazionali, si dice, ma io vorrei portare la visione dal punto di vista di una filiera di materiale, che forse non sarà nuova, ma potrebbe avere i requisiti per stare nella rivoluzione verde e nella strategia digitale di cui al Recovery Plan. Faccio riferimento alla filiera della carta, che “vale” circa 25 miliardi di euro. La proposta di Massimo Medugno

I poveri, il Palazzo e la crisi (non) comprensibile

La maggior parte dei nostri politici, di maggioranza come di opposizione, con poche e nobilissime eccezioni, sono lontani dal percepire, toccare e prendersi cura di questa crisi umana, sanitaria e lavorativa. Il Palazzo è sempre più lontano dal Paese reale. Il commento di Rocco D’Ambrosio

Usa chiama Italia (risponde Di Maio). Ecco perché

La prima chiamata della nuova amministrazione Usa di Joe Biden è fra il segretario di Stato Anthony Blinken e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, un fatto inedito. Terrorismo, G20, Russia e caso Navalny al centro, ma anche la Cina. Così il ministro capitalizza gli ottimi rapporti tessuti con Washington DC alla Farnesina

Conte è in trappola. Renzi, o della rivincita della politica. La bussola di Ocone

La rivincita della politica è, comunque, una buona notizia. Non è merito di Renzi, ma il politico fiorentino è stato l’uomo della provvidenza che ha rimesso le cose sul giusto binario. Per fortuna l’Italia non è ancora un “Grande Fratello”, ma la strada è in salita per il Paese e il difficile comincia ora. In tutti i sensi

PM Conte unlikely to stay on – who’s next?

It seems Prime Minister Giuseppe Conte has reached the natural end of his career at the top, despite the insistence of the parties that support him. All bets are on for the choice of the next PM, and we have a couple ideas…

×

Iscriviti alla newsletter