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Nei progetti del presidente candidato Donald Trump doveva essere una convention “normale” e tradizionale, nonostante l’epidemia di coronavirus: migliaia di delegati e un discorso d’accettazione in un diluvio di coriandoli e palloncini. E, invece, finirà con l’essere la convention più “anomala” della moderna storia politica americana, addirittura preclusa alla stampa.

Secondo la Cnn, che cita un portavoce del Partito repubblicano, la convention che si svolgerà dal 24 al 27 agosto a Charlotte, in North Carolina, non prevederà la presenza di giornalisti alle votazioni per la nomina formale di Trump a candidato repubblicano a Usa 2020; e ciò per garantire il rispetto delle distanze. La stampa potrà, però, seguire i lavori e le votazioni via streaming.

L’annuncio arriva nell’ennesima giornata di cifre pesanti, dal fronte dell’epidemia: oltre 60 mila nuovi casi sabato e oltre mille morti, per un totale, secondo i dati della Johns Hopkins University, alla mezzanotte sulla East Coast, di oltre 4.620.000 contagi e di oltre 154.350 decessi.

L’andamento dell’epidemia ha pesantemente condizionato le convention 2020: quella democratica è stata mantenuta a Milwaukee, nel Wisconsin, ma ridimensionata e rimandata da luglio ad agosto, dal 17 al 20. Quella repubblicana doveva essere “spacchettata” tra Charlotte, dove le autorità locali, invise a Trump – e viceversa -, impongono restrizioni anti-epidemia, e Jacksonville, in Florida, dove le restrizioni sono blande, nonostante la Florida sia uno degli Stati più colpiti dal virus. Ma questo progetto, caldeggiato da Trump, che non voleva rinunciare al comizio d’accettazione, è poi rientrato, per il rimbalzo dei contagi.

Il portavoce repubblicano ha spiegato alla Cnn che la chiusura alla stampa è stata decisa in funzione delle restrizioni imposte dalle autorità locali per contenere i contagi: restrizioni che hanno già imposto una drastica riduzione degli eventi in presenza e dei delegati e degli invitati.

Intanto, Trump continua il braccio di ferro con le autorità locali, specie i sindaci, che non riportano l’ordine nelle loro città, traversate da ormai oltre due mesi da manifestazioni anti-razziste, talora degenerate in violenze – in prima linea Portland, Seattle, Chicago, Atlanta -. Contraddicendo l’intesa raggiunta in settimana per un parziale e condizionato ritiro degli agenti federali da Portland nell’Oregon, dove la loro presenza è aspramente contestata, il presidente, in un tweet, ha scritto che i federali resteranno fino a che le forze dell’ordine locali non avranno fatto “pulizia degli anarchici e dei sobillatori”. All’inizio di luglio, l’amministrazione aveva deciso di inviare nelle città più “calde” squadre di agenti federali, in assetto da combattimento, per ristabilire l’ordine.

GpnewsUsa2020

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