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Continua a far discutere la richiesta alla Bce del patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio di raddoppiare, tramite la holding Delfin, la sua quota in Mediobanca dal 9,9% al 20%. La domanda, riporta Repubblica, è stata inoltrata a Bankitalia venerdì.

I TEMPI

L’operazione, su cui la Vigilanza dovrà decidere entro novanta giorni, darebbe in mano all’imprenditore 85enne una quota senza precedenti della storica banca d’affari, che fin dalla sua fondazione, in ossequio all’indipendenza, non ha mai avuto soci con più del 10% del capitale. Del Vecchio, che in questi mesi ha aumentato la partecipazione nella banca, un tempo presieduta da Enrico Cuccia e oggi da Alberto Nagel, attraverso le controllate lussemburghesi Delfin, Aterno e Dfr Investment, avrebbe giustificato la mossa con la volontà di schermare l’istituto, che a sua volta possiede il 13% di Assicurazioni Generali, da eventuali azioni ostili straniere.

I DUBBI DELLA FINANZA

In verità la scalata ha suscitato fra analisti e addetti ai lavori più di una remora. Fra queste, spiega l’Agi riportando fonti finanziarie, ne spiccano tre che potrebbero essere rilevate nell’analisi dell’Eurotower. Una strategia “oscillante” fra gli iniziali propositi di fare sempre più di Piazzetta Cuccia una “banca d’affari” e la benedizione del nuovo piano industriale del gruppo, “benedicendo una strategia in linea con quella precedente”. L’altro rilievo riguarda il Leone di Trieste di cui lo stesso Del Vecchio possiede il 5%. Si paleserebbe insomma una “linea di conflitto d’interessi abbastanza evidente” che potrebbe creare non pochi problemi sotto il profilo regolamentare a Mediobanca.

SAPELLI PROMUOVE DEL VECCHIO

Un giudizio diverso sull’ipotesi Del Vecchio è stato affidato proprio all’Agi da Giulio Sapelli, economista e storico dell’Università Statale di Milano. Per il professore, i vertici di Piazzetta Cuccia dovrebbero “vedere con favore” la volontà di Leonardo Del Vecchio di salire nel capitale dell’istituto, perché, sposando la filosofia che l’imprenditore ha impresso alle sue aziende, potrebbe diventare un’architrave per il futuro sviluppo del sistema Italia”. Mediobanca, dice Sapelli, “ha una grande tradizione di stabilità e di integrità nel mondo degli affari e potrebbe diventare un’architrave, specialmente se riuscisse a canalizzare il risparmio privato verso il nostro sistema industriale e produttivo, cosa di cui l’Italia ha grande bisogno”.

LA GOVERNANCE

L’ultimo profilo sottolineato dagli analisti finanziari riguarda infine la governance di Delfin. La holding di diritto lussemburghese infatti presenta infatti delle complicazioni procedurali, perché “richiede che le decisioni siano prese all’unanimità”. Qui i dubbi del mondo della finanza si sommano ad altri avanzati dal mondo dell’intelligence. Fra gli altri, in questi mesi il Copasir aveva acceso un riflettore sui movimenti azionari di Mediobanca.

I TIMORI DEL COPASIR

In ambienti vicini al Copasir si sottolinea in queste ore la portata di una mossa che “punta al cuore del capitalismo italiano”. Il tema che viene posto è il coinvolgimento di soggetti stranieri all’interno dell’operazione. A destare dubbi non sono tanto le società lussemburghesi, perché, vista la complessità tecnica e finanziaria dell’operazione, difficilmente la gestione potrebbe passare in mano a soggetti che “non sono parte della tradizione europea”. Sono proprio soggetti europei, e nello specifico francesi, che sollevano preoccupazioni.

Il vicepresidente del comitato e senatore di Fdi Adolfo Urso non usa mezzi termini: “Apprendiamo, infatti, da un quotidiano, in una domenica di un lungo ponte, che è in atto ‘il colpo del secolo’: un fondo franco/lussemburghese acquisirà il controllo di Mediobanca, la più grande banca d’affari italiana da sempre in competizione con quella francese, operazione che a sua volta consentirà il controllo delle Assicurazioni Generali, l’unica grande multinazionale assicurativa italiana, e di parte del sistema bancario del Paese”. Tutto questo, aggiunge Urso, “dovrà essere soggetto alla autorizzazione della Bce, cioè di miss Lagarde. Se fosse un film francese lo chiameremmo il ‘colpo del secolo”.

Il capitalismo italiano, spiegano fonti vicine al comitato, “ha storicamente scelto di pesarsi in Mediobanca in maniera egualitaria, e comunque non in condizioni di egemonia”. La scalata di Del Vecchio sotto questo profilo è “senza precedenti” e può avere rimbalzi su altri assetti. Cioè impattare sulla regia di altre operazioni di sistema, come nel caso del dossier Autostrade. Anche per questo l’attenzione dell’organo bipartisan “sarà massima” nelle prossime settimane. A partire da giovedì prossimo, quando a Palazzo San Macuto sarà ascoltato l’ad di Unicredit, il francese Jean Pierre Mustier.

Già a febbraio il presidente del comitato, il deputato della Lega Raffaele Volpi, aveva spiegato così in un’intervista a Formiche.net l’avvio di un ciclo di audizioni sul settore bancario e assicurativo in cui, fino ad oggi, sono stati convocati fra gli altri proprio i vertici di Mediobanca e Generali: “Non entreremmo mai nelle dinamiche di mercato. Gli azionisti sono liberi di scegliere, ed è giusto che sia così. Come è giusto verificare se ci siano stati condizionamenti esterni dietro a quelle scelte”.

Che succede in Mediobanca? Il plauso di Sapelli e il faro del Copasir...

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