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Il governo ha un piede nella crisi: il discorso di Renzi al Senato è stato chiaro, quasi l’apertura formale di un percorso di crisi. Del resto, di cosa ci meravigliamo? La crisi è stata congelata dal Coronavirus: prima l’emergenza sanitaria, poi quella finanziaria rendono problematico far cadere il governo. Berlusconi lo ha capito bene, lasciando ai sovranisti la mistica delle elezioni anticipate e scegliendo una linea di collaborazione aperta e chiara con l’esecutivo sui temi dell’emergenza: l’elettorato ha gradito e Forza Italia torna a viaggiare sul 7%, poco al di sotto dei risultati delle elezioni europee. Silvio è dotato di un accessorio che lo collega direttamente alla pancia del Paese, e sa che nelle emergenze la gente non sopporta la politica politicante. Quando era al governo, Silvio gestiva le emergenze con determinazione, umiltà, coinvolgimento, la sua performance nell’emergenza dei rifiuti di Napoli e nel terremoto dell’Aquila fu tra le pagine migliori della stagione di governo di Berlusconi.

Non a caso i sondaggi sorridono poco a Salvini e Renzi. La gente vuole soluzioni sanitarie ed economiche, e le vuole dal governo, da questo governo, perché questo c’è.

Renzi invece ha fretta di fare la crisi, ha più fretta di Salvini, perciò spinge per riaprire l’Italia, vuole uscire dal clima di emergenza per rendere possibile la cacciata di Giuseppi. Tutto è pronto, compreso l’alibi di un governo di solidarietà nazionale per corrispondere al divieto di crisi al buio posto da Mattarella.

Renzi proverà a far cadere Giuseppi, subito. Perché, vi chiederete. È presto detto: il senatore di Rignano è un democristiano come me e come Conte, sa che esiste una prateria al centro, e che lui non riesce a conquistarla col suo partitino (così come non ci sono riuscito io con tanto di scudo crociato e benedizione di Berlusconi).

Il timore di Renzi è che ci riesca Giuseppi. Dal governo il centro si organizza meglio, do you remember Dini e Monti? Il partito di Conte è l’incubo di Matteo, dall’inizio della legislatura. Io ho provato a far capire che il centro può risorgere solo con una leadership collettiva e plurale, come la Dc. L’uomo solo al comando funziona a destra, già meno a sinistra, per niente al centro. Al posto di Renzi favorirei la formazione del partito di Conte, condividendolo e intestandomelo, dialogando coi Cinquestelle e favorendone l’uscita dalla adolescenza antipolitica.

Renzi è l’uomo giusto per questa operazione, meglio se aiutato da Berlusconi che forse non aspetta altro. Invece Matteo sceglie un’altra strada, sbagliando a mio avviso bersaglio, come spesso gli è capitato in questi anni difficili.

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Di Gianfranco Rotondi

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