Skip to main content

I fatti di Baghdad rendono tutto il Medio Oriente più incandescente e, anche se non ci sarà guerra convenzionale, quest’ultima già c’è. Teheran da una parte continuerà a provocare le navi occidentali e dei loro alleati nel Golfo Persico. E forse compirà degli attentati più gravi. Intanto però utilizzerà il metodo delle zanzare…

Non ci dobbiamo chiedere cosa accadrà se scoppiasse la guerra in Medio Oriente: la guerra c’è da anni. Le sue conseguenze sono già terribili: la metà dei siriani è fuori dal proprio Paese. Siria e Afghanistan da soli rappresentano la più grande catastrofe mondiale in termini di rifugiati, superando tutte le precedenti. Decine di milioni di persone sono in movimento ed è presumibile che cerchino di raggiungere terre di pace e sviluppo, come l’Europa.

Magari non subito: i rifugiati sanno che non devono rimanere intrappolati in qualche campo (sarebbe una gabbia per loro) e per questo si armano di pazienza e resilienza. Meglio restare in movimento anche se ci vorranno mesi ed anni, come homeless internazionali. Il continuo movimento li salva dall’essere rinchiusi senza speranza in un ghetto umanitario sprovvisto di sbocchi, come suole “risolvere” queste crisi la comunità internazionale.

Quindi immaginano percorsi lunghi e a tappe, solo per tener vivo il loro sogno: giungere laddove hanno deciso di arrivare. Se il nuovo capitolo degli scontri tra Usa e Iran aumenterà di intensità come temono un po’ tutti, ci saranno ripercussioni umanitarie sulla Siria e sul Libano, non solo in Iraq. Si intensificherà la competizione per chi riuscirà ad influenzare di più gli sciiti iracheni (oltre la metà della popolazione), divisi tra l’alleanza con gli Usa (che li hanno liberati da Saddam) e la condivisione della stessa fede sciita con l’Iran. Da tempo infatti l’opinione irachena si distingue vivacemente su questo.

Alcune milizie di Baghdad sono sostenute direttamente da Teheran (come quella che ha sparato i razzi sul campo Usa); altre sono più indipendenti. Sia americani che iraniani hanno i loro amici nel Paese. Ora che l’Iraq diviene indispensabile agli Usa, in via di riposizionamento dalla Turchia con cui le relazioni sono tese, la convivenza diviene difficile. Certo l’Iraq è un terreno molto più insicuro che Ankara.

Quindi la posta in gioco è l’Iraq. È possibile che entrambi i contendenti cerchino di avvicinare i sunniti sconfitti (circa il 30% della popolazione, ora isolati) per portarli dalla propria parte. Ma si tratta di un’operazione delicata che rischia di far infuriare gli sciiti. Forse rientreranno in gioco anche i kurdi del nord, per ora “puniti” per aver tentato la via dell’indipendenza. È probabile che una nuova ondata di attentati sconvolga un Paese già martoriato. Fuggiranno gli iracheni? Se si mette male, gli sciiti potrebbero rifugiarsi in Iran; altri iracheni cercare di attraversare la pericolosa Siria; altri ancora tentare la via del deserto verso l’Arabia Saudita e la Giordania. Tutte strade pericolose.

Se invece la contesa coinvolgesse altri paesi, il più a rischio è il Libano dove l’Iran possiede un solido alleato: Hezbollah. A Beirut la situazione è già tesa per la crisi politica interna e ancor più complicata dal flusso di siriani in fuga. Dell’intera situazione potrebbe avvantaggiarsi l’Arabia Saudita, nemico mortale per Teheran. La guerra in Yemen troverebbe nuovo combustibile e si incendierebbe ancor di più. Nell’altra direzione, il Qatar potrebbe approfittarne per sopire le sue divergenze con Ryad, in nome della comunanza di fede sunnita. E la Turchia ne uscirebbe ancor più legittimata.

È su tale controverso terreno che l’Iran ha mosso le sue pedine in questi anni, aumentando la sua influenza grazie alla difesa del regime di Assad. Il disegno è evidente: aumentare il peso del mondo sciita all’interno del mondo musulmano. Gli sciiti sono circa il 15-20% dei musulmani, in genere minoranze sparse trattate male dagli altri musulmani (i sunniti) che li considerano più o meno degli eretici. L’Iran è l’unico paese musulmano importante a schiacciante maggioranza sciita. Il khomeinismo degli ayatollah ha dato all’Iran un’ideologia religiosa proselitistica e dalle mire espansionistiche. L’aver aiutato Assad (assieme agli sciiti libanesi di Hezbollah) permette a Teheran di aver oggi uno sbocco sul Mediterraneo e di costruirsi una continuità territoriale. Inoltre la caduta di Saddam in Iraq per mano americana ha permesso agli sciiti iracheni (il 40% della popolazione circa) di prendere il potere, appoggiandosi sul vicino Iran. In sintesi: più spazio agli sciiti significa più potere a Teheran. Tutto ciò mette paura ai sunniti e ai loro alleati.

Ora gli iraniani vogliono anche controllare lo stretto di Hormuz nel Golfo Persico, da cui passa una buona parte del petrolio mondiale. Recentemente hanno sequestrato petroliere occidentali e stuzzicato i loro avversari con continue punzecchiature (abbattimento di droni ecc.). Gli americani si sono dati da anni invece di garantire la libertà di passaggio nello stretto.

Come reagirà l’Iran all’uccisione dei suoi responsabili dell’altra notte? Da una parte continuerà a provocare le navi occidentali e dei loro alleati nel Golfo Persico. Forse compirà degli attentati più gravi. Per ora utilizza il metodo delle zanzare, circondando con decine di barchini armati le navi militari o le petroliere e girandogli attorno per cercare di far cambiare loro rotta. Sono situazioni molto pericolose da cui può nascere sempre un incidente. Dall’altra cercheranno di vendicarsi a freddo, colpendo altrove interessi occidentali. Infine daranno per morto il trattato sul nucleare, ricominciando a produrre uranio arricchito. È questa la grande paura di Israele, sempre pronta a reagire se la propria sicurezza viene messa a rischio e a fare di tutto per impedire una proliferazione atomica in Medio Oriente.

I fatti di Baghdad rendono tutto il Medio Oriente più incandescente e, anche se non ci sarà guerra convenzionale, quest’ultima già c’è, soltanto che è combattuta in altro modo. Guerra asimmetrica o ibrida, come si dice oggi.

Cari sovranisti, il dopo Soleimani? Sarà boom di immigrazione. Parola di Mario Giro

I fatti di Baghdad rendono tutto il Medio Oriente più incandescente e, anche se non ci sarà guerra convenzionale, quest’ultima già c’è. Teheran da una parte continuerà a provocare le navi occidentali e dei loro alleati nel Golfo Persico. E forse compirà degli attentati più gravi. Intanto però utilizzerà il metodo delle zanzare... Non ci dobbiamo chiedere cosa accadrà se…

Quale rotta per un’Italia senza bussola? L’analisi di Stefano Parisi

E l’Italia non c’è. Nel mondo stanno accadendo fatti decisivi per il futuro del Mediterraneo, ma da anni, ormai, i governi che si sono succeduti alla guida del Paese sono privi di una politica estera in grado di difendere i nostri interessi e garantire la sicurezza nazionale. Questa incredibile debolezza e incertezza, intollerabile per un paese del G7, non è…

Fra Usa e Iran c’è il terzetto europeo (UK, Francia e Germania). E l’Italia...

“C'è ora un urgente bisogno di de-escalation. Chiediamo a tutte le parti di esercitare la massima moderazione e responsabilità. L'attuale ciclo di violenza in Iraq deve essere fermato”, Francia, Germania e Regno Unito emettono un comunicato congiunto sulla situazione tra Stati Uniti e Iran, che segue il raid aereo americano con cui è stato ucciso il generale Qassem Soleimani. Una…

In Cina va forte la diplomazia di Instagram

Qual è il nesso tra cambiamenti climatici, diplomazia culturale, bellezza e una campagna di promozione del turismo locale? Ce lo spiega con due foto e un post diventato virale l'Ambasciatrice cinese in Nepal, Signora Hou Yanqi. Benvenuti nell’era della diplomazia di Instagram. Il concetto di soft power, per non parlare dello smart power (Joseph Nye o Suzanne Nossel), oggi è entrato nella società cinese. Se…

Gli effetti della morte di Soleimani? Ecco il report del Cesi

La morte del generale Qasem Soleimani segna un’altra frattura nel difficile rapporto tra Stati Uniti e Iran. È la prima volta dalla crisi diplomatica del 1979 che da Washington è partita un’operazione mirata contro l’uccisione di un alto funzionario iraniano. Ma che cosa succederà ora? Un’analisi del Centro Studi Internazionali (Cesi) cerca di pronosticare gli effetti di questo nuovo scontro…

Ecco la strategia di Erdogan in Libia. L’analisi di Marta Ottaviani

Quello che è apparso ieri sera in televisione è un Erdogan visibilmente stanco e affaticato, ma non per questo meno determinato a fare valere quelli che ritiene essere i diritti della Turchia davanti alla comunità internazionale. In un’intervista a tutto campo in diretta televisiva il presidente ha parlato di quello che sarà il Mediterraneo del futuro e ha voluto iniziare…

Quel filo (non sottile) che unisce Iran e Venezuela. Parla il direttore del Csfs

C’è un legame stretto tra l’Iran e il Venezuela e in queste ore di tensione questa relazione potrebbe essere indirizzata contro gli Stati Uniti.  È nota da tempo la presenza in Venezuela degli iraniani e, più specificamente, dell’organizzazione terroristica Hezbollah. Il rapporto tra i due Paesi così distanti, geografica e culturalmente, risale agli inizi della rivoluzione iraniana, ma dal 2005…

Caos in Venezuela. Guaidó resta presidente del Parlamento ma...

Vestito di blu, senza cravatta, ma con il viso disteso e serio di sempre. L’immagine del presidente del Parlamento venezuelano, Juan Guaidó, che cerca di scavalcare il cancello dell’istituzione per prendere parte al processo di votazione della nuova direttiva, spinto dai soldati agli ordini di Nicolás Maduro, resterà come uno dei capitoli più tristi della storia del regime venezuelano. Fuori,…

La Nato è pronta per il futuro, nonostante la Turchia. Il punto del gen. Arpino

Il 2019 dell'Alleanza Atlantica si è condensato nel vertice dei capi di Stato e di governo di Londra di inizio dicembre. Almeno sotto il profilo formale, in quell'occasione la Nato ha conseguito l’obiettivo: un successo non scontato. Infatti, trattandosi di un vertice in cui l’Alleanza ha festeggiato il suo settantesimo anniversario, i guastafeste non sono mancati. Né prima, né dopo. È…

STATI UNITI C. IRAN. PERCHÉ NON SI PUÒ PARLARE DI GUERRA MA SOLO DI UN ATTACCO MIRATO?

(Fonte foto: La Stampa.it)   Il drone statunitense che ha colpito il comandante delle forze iraniane Qassem Soleimani ha portato, ancora una volta, alla ribalta il problema degli obblighi giuridici sia a livello del diritto interno, che internazionale sul potere che ha il Presidente degli Stati Uniti di agire unilateralmente con lo strumento della forza militare. Tre punti vanno scardinati…

×

Iscriviti alla newsletter