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La scelta di una task force dell’Unione Europea per approfondire e analizzare un po’ di più TikTok è una buona soluzione e serve da modello anche per i futuri social network. Lo scrivo da persona da sempre impegnata nel delicato ecosistema digitale e da politico che pone al centro la sicurezza del Paese e dei suoi cittadini.

Condivido dunque la proposta del Garante per la Privacy, figura che rivestirà un ruolo sempre più centrale nella risposta alle minacce del mondo digitale.

Come è noto TikTok punta a una “fascia acerba”, vulnerabile e fortemente esposta. Ma il problema in questo caso non si pone solo per il delicatissimo ruolo politico della tutela dei minori, bensì per la mole di dati che potrebbero finire in “mani sbagliate”, o meglio in server sbagliati. Il social network in questione fa capo a Pechino e la Cina in materia di trattamento dati e giurisprudenza 2.0 non è proprio al primo posto su scala mondiale, tutt’altro.

Se dovessimo fare una sintesi della visione politica digitale che vige in Cina basterebbero quattro parole: “Io sì, tu no”. Io Cina esco dai confini con Wechat e TicTok, tu Occidente non entri in casa mia con Facebook, il “cavallo di Troia” dalla California, et similia. Dietro a questa asimmetria si cela l’oro del nostro millennio: i dati. Sono i terabyte, più ancora del potenziale bellico, a definire oggi una superpotenza.

Sulla loro gestione e protezione non possiamo permetterci distrazioni. Gli alert dell’intelligence sono copiosi e denotano una crescente attenzione verso i dati italiani e comunitari, il caso del 5G e di Huawei finito al centro delle audizioni del Copasir è esemplare.

Nel Gdpr (Regolamento generale della protezione dei dati, ndr) e nei protocolli internazionali siglati non compare mai la Cina. Anche per questo TikTok richiede attenzione. È qui, lo usiamo, ma non lo sappiamo “controllare” – esattamente come si controllano, in caso la magistratura lo richiedesse, le altre piattaforme social.

Sull’origine del social network cinese in Italia ci sono ormai pochi dubbi. È arrivato come Wechat o un virus qualsiasi. Il vettore è stato l’uomo che, scaricando l’app in Cina, l’ha poi utilizzata anche da noi e condivisa con altri.

Sono pronta a dar battaglia in Aula e ovunque sia necessario per tutelare i minori e le informazioni dei nostri cittadini. Ad avvalorare la mia paura, ora, arriva il monito dei nostri 007. Una recente nota del Copasir fa emergere la possibile dispersione di dati sensibili, anche industriali e militari, verso competitors stranieri.

Non è un avvertimento da sottovalutare. Anche perché, se è vero che altre piattaforme social che hanno goduto di grande successo, come Snapchat, si sono poi spente, TikTok potrebbe funzionare ancora a lungo, soprattutto se si amplieranno l’offerta di strumenti e il target. ù

È bene dunque vigilare sulla sicurezza di questi social network, anche quelli apparentemente “innocui”. Come WeChat, che, fra le altre funzioni standard, permette di chiamare taxi da pagare in nero e di trasferire soldi senza che vi sia tracciabilità.

TikTok, non ignoriamo l'allarme del Copasir. L'appello di Zanella (FI)

Di Federica Zanella

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