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Il confine fra vita privata e pubblica, fra gossip e politica, è sempre più labile, come è noto. Ed è un processo che in Inghilterra ha fatto da un bel po’ la fortuna dei tabloid popolari, allargandosi poi alla grande stampa. È come se il motto sessantottino “il privato è pubblico” fosse tracimato fino a rendere anche il pubblico un fatto privato.

BORIS E JEREMY

 

Quanto peso, detto altrimenti, la propria esistenza e i propri comportamenti hanno oggi, in tempi di pospolitica, sulla conquista del consenso? Si direbe molto visto la cura maniacale con cui i politici lasciano trasparire o “costruiscono” (con l’aiuto di abili consulenti) la propria vita privata in funzione dell’immagine pubblica e quindi del consenso popolare. E come ogni défaillance venga da loro opportunamente minimizzata, o venga al contrario sfruttata politicamente dagli avversari. Ed è quanto sembrano fare anche gli avversari di Boris Johnson, a cominciare dallo sfidante conservatore alla guida del partito e del governo Jeremy Hunt, in questi giorni di fragoroso clamore sull’ultima vicenda che ha avuto per protagonista l’eccentrico politico d’oltremanica.

JOHNSON RUBACUORI

Venerdì notte Boris ha infatti avuto una lite furiosa con la sua giovane compagna che ha indotto, fra urla e rumori di piatti rotti, i suoi vicini di casa a chiamare la polizia. Hunt ha subito osservato che il suo è invece un matrimonio felice, lasciando sottintendere che così si addice a chi deve guidare un grande Paese. La stampa, soprattutto quella liberal e mainstream, ha calcato invece la mano sulla comprovata dissolutezza e sciatteria di Boris, facendo fra l’altro circolare le immagini degli interni sporchi e disordinati dela sua macchina. È stata ancora una volta richiamata in causa la lunga e complicata vita sentimentale del nostro fatta di relazioni, amanti, divorzi, tradimenti (Johnson sta in questi giorni accelerando le pratiche di divorzio dalla seconda moglie proprio per sposare e portare a Downing Street la venticinquenne Carry Symond di trenta anni più giovane di lui). Elemento che per fortuna, al contrario di quanto sarebbe avvenuto nella puritana America, non ha finora inficiato più di tanto la carriera dell’ex sindaco di Londra.

Né in verità, al contrario di quanto lasciano trasparire i giornali anche italiani, può inserire corposi “elementi di incertezza” in una sfida per il premierato da Boris praticamente già vinta (i risultati si sapranno dopo il voto alle primarie del partito conservatore il 22 luglio prossimo ). Johnson ha indubbiamente dimostrato di essere il più bravo e capace in casa sua, ed è l’unico che ha un’idea precisa e forte su come uscire dal pantano post-Brexit. Egli sa unire il pragmatismo del grande politico alla solida cultura dell’uomo classico ed educato a Oxford (è un affermato studioso di storia romana e l’autore di una magnifica biografia di Winston Churchill).

Il corrispondente del Corriere della sera, dopo aver osservato che l’ultimo caso della sua vita privata “ha riportato in primo piano gli interrogativi sulla sua personalità”, ha aggiunto che ci si chiede se “un personaggio” come lui, “con una vita privata rocambolesca e disordinata, adultero e mentitore seriale, possa guidare un Paese come la Gran Bretagna, per di più in un frangente storico come la Brexit?”. Sarà pure una domanda diffusa, e che forse sorge spontanea, ma, mi si permetta, è anche alquanto stupida. A parte il tentativo di screditare moralmente Boris (“mentitore seriale”?), essa contiene a mio avviso un errore di ragionamento che indica la pochezza di pensiero di questi nostri tempi, in cui si tende a dmenticare uno dei capisaldi della cultura occidentale, cioè la distinzione fra le sfere di attività umane.

POLITICI BRAVI E DISORDINATI

Si può infatti essere bravi politici e uomini dalla vita irregolare e, come li si esalterà nel primo aspetto, non li si racomanderà certo per il secondo, il giudizio sul quale spetta alla societò, al confessore o, in casi estremi, al magistrato. Non solo. A volte, in alcuni, è proprio la vita dissoluta che li spinge a dare ordine e sostanza alla loro attività publica, senza contare il fatto che genio e sregolatezza sono andati spesso a braccetto. Il “politicamente corretto”, che è profondamente antioccidentale, vorrebbe eliminare invece queste distinzioni e proporre un ideale ipocrita di comportamento privato ideale a cui tutti dovrebbero attenersi, spingendosi persino a cancellare dalla storia personalità che hanno lasciato una traccia profonda e contribuito al nostro progresso solo perché non avevano idee e vita irreprensibili. Cosa saebbe stato se la vitalità di un popolo che ha avuto tanti esponenti di spicco a loro modo “irreglari” o “eccentrici”, come quello britannico, fosse stata compressa secondo gli odierni dettami della correctness? Non saremmo tutti più poveri?

Viene a mente allora Benedetto Croce, uno degli ultimi difensori della nostra civiltà in crisi, che neiFrammenti di etica, fra il serio e lo scherzoso, scriveva queste parole su un altro politico britannico, il liberale Charles  , che operò nella seconda metà del XVIII secolo: “si narra del Fox dedito alla crapula e alle dissolutezze, che, poi che fu venuto in fama e grandezza di oratore parlamentare e di capopartito, tentò di mettere regola nella sua vita privata, di diventar morigerato, di astenersi dal frequentare cattivi luoghi; ed ecco che sentì illanguidirsi la vena, infiacchirsi l’energia lottatrice, e non ritrovò quelle forze se non quando tornò alle sue consuetudini”. Boris ha davanti a sé una grossa sfida, ma non cambierà mai come uomo, e probabilmente non riuscirà nemmeno mai a tenere a posto i capelli o a pedere i tanti chili di troppo.Facciamocene una ragione. Per il bene di un grande Paese, e anche nostro, lasciamolo lavorare!

Boris, vizi privati e pubbliche virtù

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