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La finanza verde rappresenta uno strumento innovativo per coniugare lo sviluppo dell’economia reale e finanziaria con la salvaguardia dell’ambiente e l’ecologia. Rhian-Mari Thomas, ceo del Green finance institute, spiega a Formiche.net le potenzialità del settore e gli obiettivi del centro londinese.

Il Green finance institute (Gfi) è stato fondato nel luglio di quest’anno: come mai questo nuovo istituto, e che obiettivi si pone?

Il Gfi è stato istituito per rispondere alla necessità di sviluppo verde nel Regno Unito. Il governo britannico infatti, già nel settembre 2017, decise di promuovere una strategia green per il settore industriale nazionale e orientarlo verso un futuro più verde e pulito. Fra i vari aspetti facenti parte di questa strategia vi fu anche la creazione di una task force sulla green finance. Per operare una transizione ad un futuro con zero emissioni di carbonio apparve evidente la necessità di sforzo congiunto fra settore pubblico, settore privato e figure accademiche per studiare gli aspetti di natura finanziaria della questione. Questa task force, di cui ero parte, formulò 35 raccomandazioni per il governo britannico. Di queste, una riguardava la possibile creazione di un vero e proprio istituto, data la complessità della questione e la sua crescita ad un ritmo sempre più serrato. La green finance non riguarda infatti solo le obbligazioni verdi o green bond, ma ogni tipo di asset class: risparmi, mutui, pensioni e capitali di imprese multinazionali che per prime sono passata a un sistema a zero emissioni. Ogni settore dell’economia deve trovare una via per la decarbonizzazione.

Un obiettivo molto ambizioso e difficile da mettere in pratica, anche se riguarda una singola nazione come il Regno Unito. In che ruolo si pone l’istituto nel quadro economico e statale britannico per agevolare quest’agenda?

Quando si guarda a questa sfida in tutta la sua ampiezza, appare chiara la necessità di una forma di coordinamento, una via unica per cominciare a rimuovere gli ostacoli e mobilitare il capitale. La missione del Gfi è di natura molto specifica in questo ambito e si lega ai vari modi con i quali il Regno Unito può perseguire una strategia di greening finance, ovvero una finanza ecologica e che promuova il verde. Questa dipende principalmente dalle autorità regolatorie, le quali, con i giusti accordi, i giusti incentivi e i corretti metodi per mobilitare capitale, leggere i dati e divulgarli, possono orientare in chiave ecologica l’industria finanziaria stessa.
Se però vogliamo effettivamente passare ad un future a zero emissioni, dobbiamo anche trovare un modo per affrontare le sfide dell’economia reale, spostare il capitale dove necessario aggirando gli ostacoli attuali. Il Green finance institute, posizionato com’è fra il settore pubblico e il privato, è l’unico nel Regno Unito che può riunire tutti gli attori coinvolti per affrontare le barriere presenti mobilitando i capitali.

Su quali progetti sta lavorando attualmente l’istituto, e come intende svilupparli?

Essendo l’agenda possibilmente troppo ampia, abbiamo deciso, una volta fondato il Gfi il 2 luglio 2019, di concentraci su tre ambiti specifici per riuscire ad avere un serio impatto sull’economia reale e la finanza. Il primo consiste nella futura decarbonizzazione degli edifici nel Regno Unito, che ha il più vecchio e meno efficiente parco immobiliare d’Europa. Basti pensare che il 20% del gas serra emesso dai britannici proviene dal settore residenziale.  La questione è problematica, dal momento che il 60% delle case nel Regno unito sono ad uso dei proprietari, che vi risiedono e risulta difficile influenzare le scelte delle persone quando esse riguardano le loro proprietà. Ciò può costituire un ostacolo, che va superato trovando del capitale che possa incentivare le persone a correggere il sistema di emissione delle proprie case. Sempre in questo ambito, è importante sottolineare che il gran numero di case popolari che il Regno Unito dovrà costruire nei prossimi anni per far fronte alla domanda sociale dovrà essere edificato in modo tale che gli edifici siano a impatto zero per le emissioni.

In che modo può essere affrontato questo problema?

In questo specifico ambito la partnership e il confronto con altre giurisdizioni è molto importante per imparare l’uno dall’altro soluzioni finanziarie adatte. Il sistema dei mutui verdi statunitensi, per esempio, prevede agevolazioni fiscali sul mutuo per incentivare la correzione del sistema di emissione delle abitazioni. Il secondo aspetto di cui l’istituto si sta occupando riguarda invece alcuni beni di consumo, come l’olio di palma e la soia. Questi prodotti sono infatti responsabili, insieme ad altri, della deforestazione e del degrado ambientale in diversi paesi. Il nostro scopo e di lavorare e confrontarci con i grandi commercianti di materie prime, le compagnie Fmcg (fast moving consumer goods) e i consumatori. Anche in questo caso, l’importanza del partenariato e della collaborazione fra settori diversi appare fondamentale, e in cui l’istituto assume un ruolo chiave. Il terzo e ultimo aspetto consiste nell’attenzione da porre nella resistenza al cambiamento climatico delle infrastrutture. La green finance non consiste infatti solo nel mitigare e ridurre gli effetti del cambiamento climatico attraverso obiettivi come l’eliminazione delle emissioni di carbonio, ma anche nel adattarsi agli effetti del cambiamento climatico stesso. In questo senso, è fondamentale che i progetti infrastrutturali, che hanno una prospettiva di vita di molti decenni, siano costruiti in modo da affrontare gli effetti del clima futuro.

Che ruolo può giocare la green finance nella City di Londra? Come si concilia con le istituzioni finanziarie più tradizionali?

Dal momento che la City è il principale centro finanziario mondiale, vogliamo che lo sia anche rispetto alla green finance. Ci sono altri centri finanziari che sono certa vorrebbero aggiudicarsi tale qualifica, essendo questo un mercato completamente nuovo e per di più in crescita. È una questione cui teniamo molto e niente affatto scontata.
È importante sottolineare anche che la green finance è a tutti gli effetti anche finanza tradizionale, ma con l’applicazione della scienza.

Quali esempi possono essere dati in tal senso?

Quando guardiamo al mercato dei green bond, che è in effetti il simbolo della green finance oggi, è evidente che questi ultimi siano a tutti gli effetti delle normali obbligazioni, tranne che per il fatto che i loro effetti devono essere orientati in chiave ecologica. Un esempio molto interessante in questo campo è rappresentato dai green bond emessi dall’Enel, 1000 milioni di euro di obbligazioni, che prevedono il rimborso in un’unica soluzione a scadenza nel 2025 e un tasso fisso del 1,500% l’anno. Queste obbligazioni sono utilizzate per finanziare progetti che hanno un fine di salvaguardia dell’ambiente, come lo sviluppo e la costruzione di impianti di generazione da fonti rinnovabili.
Uno sviluppo questo molto interessante, in quanto esempio di una strategia complessiva di sostenibilità ambientale di un’intera compagnia, e non solo di progetti individuali. La conclusione è che la green finance non è altro che finanza tradizionale, con fornitori e prodotti finanziari tradizionali, che però è possibile far evolvere per affrontare la sfida climatica. Non è affatto qualcosa di completamente nuovo, ma un sistema che si sposa perfettamente con la finanza che abbiamo ora. Si tratta solo di applicarvi scienza, dati e nuove competenze.

La green finance? Può guidare lo sviluppo economico (e ambientale). Parola di Rhian-Mari Thomas

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