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Piazza Tahrir si infiamma ancora una volta. Dopo tre anni dall’ultima importante protesta, centinaia di egiziani sono tornati a manifestare contro la corruzione nel governo di Abdul Fattah Al Sisi. Secondo la Bbc, la polizia ha lanciato gas lacrimogeni ai manifestanti che chiedevano le dimissioni del presidente Al Sisi al Cairo, e in altre città del Paese, come ad esempio in Alessandria, Suez e Mahalla el Kubrasi, sono registrate proteste simili.

Questa volta, la scintilla è stata accesa da un uomo d’affari e attore egiziano chiamato Mohamed Ali. Soprannominato il “faraone catalano” (perché vive a Barcellona, Spagna) Ali ha pubblicato sui social network una serie di video che accusano il presidente egiziano di sprecare milioni in residenze di lusso e hotel mentre milioni di connazionali vivono in condizioni di povertà. Nell’ultimo video, pubblicato venerdì mattina, chiedeva agli egiziani di occupare le strade del Paese dopo la partita di calcio tra Al Ahly e Zamalek della Super Coppa locale. E loro hanno accolto l’invito. La grande ricettività dei video dell’attore ha costretto ad Al Sisi a smentire le accuse.

In una conversazione con Formiche.net, Giuseppe Dentice, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) nel Programma Mediterraneo e Medio Oriente, ha spiegato il perché non bisognare guardare in maniera eccessiva o sproporzionata quello che sta avvenendo in queste ore in Egitto. Le proteste potrebbero essere l’inizio di un movimento più stratificato, ma non sappiamo come effettivamente questa situazione potrà evolversi.

CHI È L’ATTORE MOHAMED ALI

Dentice ricorda che “le manifestazioni di queste ore, infatti, si basano su un movimento di protesta popolare indetto da un attore, blogger e anche in realtà industriale, che per anni ha lavorato a stretto contatto con l’establishment egiziano. Lui aveva una società immobiliare e per 15 anni ha lavorato con alcune società legate ai militari del ministero della Difesa. Anche questo bisogna guardare, chi promuove quest’azione. Perché ci potrebbero essere anche degli interessi personali”.

Ma non bisogna nemmeno sottovalutare la piazza. “L’evento in sé è molto importante perché testimonia la volontà della popolazione di non accettare più determinate condizioni – ha aggiunto il ricercatore -. Condizioni legate alla corruzione, al clima politico di forte autoritarismo. Un tentativo di alzare la testa che potrebbe creare dei problemi se questa protesta diventasse qualcosa di strutturato e continuato nel tempo. Aspettiamo appunto le prossime settimane. Se questa protesta si ripeterà ancora, venerdì prossimo e tra due venerdì”.

L’INCONTRO CON TRUMP

La tempistica è anche determinata dai lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite: “È anche un modo per cercare di portare l’attenzione generale sui problemi del Paese. In questo periodo Al Sisi dovrebbe incontrarsi, al margine di questi lavori, con Donald Trump. In questi giorni sono emerse alcune dichiarazioni un po’ controverse del presidente americano, tanto che il Wall Street Journal ne ha fatto un’editoriale intitolato ‘Dov’è il mio dittatore preferito’, in riferimento alla frase che avrebbe usato al vertice del G7 a Biarritz”.

GLI ANIMI DELLA PIAZZA

In questo scenario si mescolano tante variabili, che possono definire il successo o meno della protesta. Per Dentice, l’elemento più importante resta che, nonostante il clima di forte totalitarismo e di stato di polizia, la popolazione scende in piazza per protestare, ben conscia dei rischi che potrebbe correre: “Al momento non si segnala una risposta dura da parte del governo (chiaramente gli arresti ci sono e ci saranno) però pare che ci sia attenzione a guardare le proteste con una certa freddezza per evitare degenerazioni. Bisogna tenere d’occhio la situazione nelle prossime settimane”.

Perché tenere d’occhio l’Egitto e piazza Tahrir (senza allarmismi)

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