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Nonostante lo spettro di una nuova Tienanmen, gli attivisti democratici sono di nuovo scesi in piazza a decine di migliaia per l’ennesimo fine settimana di proteste a Hong Kong. Una marcia pacifica quella dell’ex colonia britannica, alla quale secondo alcune stime hanno partecipato almeno 50 mila persone. Solo alcuni disordini minori tra manifestanti e forze di polizia si sono registrati al termine del corteo da parte di alcuni manifestanti mascherati, ma niente di confrontabile con gli scontri degli scorsi weekend. Poco lontano dal corteo, una contromanifestazione filo-cinese.

Il punto è che questa volta le manifestazioni sono state precedute dai commenti di fuoco dei media governativi cinesi, conditi da immagini di movimenti di truppe non lontani da Hong Kong, tanto da far sorgere preoccupazioni a livello internazionale che Pechino possa decidere di schiacciare nel sangue la protesta che oramai va avanti da oltre due mesi e mezzo. Per domani sono annunciate ulteriori proteste: sono attese varie centinaia di migliaia di persone nel centro della metropoli, il timore di nuovi scontri è altissimo.

Nel corteo di oggi tanti professori, persino qualche famigliola con passeggini, moltissimi giovani sotto i 30 anni, molti dei quali vestiti di nero e con mascherine davanti alla bocca, indossate per proteggersi dai lacrimogeni ma anche per non essere riconoscibili. Dopo i raduni delle associazioni studentesche sia ieri che stamattina, oggi al corteo che si è snodato lungo un percorso di quasi due chilometri fino alla stazione di Whampoa sono spuntate qua e là anche bandiere degli Usa e di Taiwan, ovviamente considerate da Pechino un vero e proprio affronto. Se all’inizio la rabbia degli hongkonghesi era rivolta nei confronti della legge sull’estradizione, con il passare delle settimane gli slogan si soni rivolti direttamente contro Pechino. Molti i negozi chiusi e le saracinesche abbassate per timori di nuovi scontri e devastazioni.

Al termine del corteo pacifico alcune centinaia di manifestanti mascherati si sono radunati davanti ad una stazione di polizia, gettando cassonetti addosso agli agenti, mentre in un parco vicino si sono ritrovati alcuni migliaia di contro-manifestanti che hanno agitato un vessillo cinese e cantato l’inno nazionale della Repubblica popolare. Ora si tratta di capire quale sia l’effettiva dimensione del sostegno ai manifestanti da parte della popolazione della Regione amministrativa speciale. Nel momento culminante del movimento di protesta, ai cortei pro-democrazia hanno partecipato fino a 2 milioni di persone, su circa 7,5 milioni di abitanti. Gli animatori della Civil Human Rights Front sperano adesso che, dopo un calo fisiologico di qualche decina di migliaia, di torni ad una adesione oltre i 200 mila.

Ma è tutto il mondo a guardare a Hong Kong. Dopo Donald Trump che ha proposto un incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e i manifestanti, oggi è l’Unione europea a chiedere “un dialogo inclusivo” per calmare le tensioni a Hong Kong. “È fondamentale esercitare moderazione, respingere la violenza e adottare misure urgenti per ridurre la situazione”, ha dichiarato in una nota l’Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue, Federica Mogherini, secondo la quale “è essenziale impegnarsi in un processo di dialogo ampio, che coinvolga tutte le principali parti interessate”.

Negli ultimi due mesi, spiega Mogherini, “un gran numero di cittadini ha esercitato il proprio fondamentale diritto di riunione. Tuttavia, recentemente c’è stato un numero crescente di incidenti violenti inaccettabili, con rischi di ulteriore violenza e instabilità”. Intanto, continua il movimento di truppe e di blindati cinesi – ufficialmente per esercitazioni – intorno alla città di Shenzen. “Non giocate con il fuoco”, è il messaggio di Pechino.

Fonte: Agi

Cronaca di una (stra)ordinaria giornata per la libertà. Ad Hong Kong

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