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L’ostilità statunitense nei confronti del colosso cinese Huawei non ha nulla di commerciale, ma è motivata da ragioni che hanno a che vedere con profondi legami che la telco – protagonista del mercato delle nuovi reti mobili ultraveloci, il 5G – intratterrebbe con i servizi segreti di Pechino.

I LEGAMI CON L’INTELLIGENCE

La compagnia di Shenzhen, ha rivelato il Times, avrebbe ricevuto finanziamenti dagli apparati per la sicurezza dello Stato, in particolare dall’Esercito popolare di liberazione, dalla Commissione per la sicurezza nazionale e da una terza agenzia della rete dell’intelligence di Stato.

LA CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE

Con questo monito finora non noto, arrivato alle autorità britanniche dalla Cia, Washington avrebbe motivato le pressioni dei mesi scorsi per l’estromissione del gruppo cinese dalle gare sull’allestimento di reti e impianti 5G (con una campagna di sensibilizzazione condotta in diversi Paesi alleati, Italia compresa).

L’INFOSHARING CON I FIVE EYES

Questa delicata informazione, ha evidenziato il quotidiano londinese, sarebbe stata condiviso già all’inizio dell’anno con il Regno Unito e gli altri partner dell’alleanza di intelligence anglofona Five Eyes, della quale fanno parte anche Australia, Canada e Nuova Zelanda.

I FINANZIAMENTI NEL MIRINO

Di fronte alle accuse di rappresentare un rischio per la sicurezza, Huawei ha sempre rivendicato la propria indipendenza dal governo di Pechino, rimarcando di essere un’azienda privata (a differenza di Zte, altro colosso cinese sotto il diretto controllo statale). Ma in pratica, le agenzie americane – ha detto la fonte d’intelligence sentita dal Times – riterrebbero che sia stato il ministero cinese per la Sicurezza dello Stato ad approvare il finanziamento governativo all’azienda, che per questo (oltre che per una legge nazionale che costringerebbe le compagnie del Paese a collaborare con la madrepatria) sarebbe da ritenere insicura e inaffidabile.

LE RAGIONI DEL SOSPETTO

È “problematico”, ha riportato la stessa fonte anonima alla testata sul, consentire a Huawei di vendere la propria tecnologia a uno dei Paesi dei Five Eyes (o a alleati Nato), perchè “la Cina ha leggi per la sicurezza nazionale e l’intelligence che costringono le aziende a collaborare con le forze armate cinesi. Non esiste un vero settore privato in Cina”.

L’APPELLO USA

Sono passati quattro mesi ormai – ha raccontato Formiche.net – da quando il governo statunitense ha tenuto i primi colloqui con i rappresentanti dei Paesi alleati (in particolare Nato e Five Eyes e con una particolare attenzione nei riguardi delle nazioni che ospitano basi americane, come Italia, Giappone e Germania) chiedendo di escludere i colossi cinesi come Huawei e Zte – quest’ultima sotto il diretto controllo statale – dallo sviluppo delle proprie reti 5G.

Quest’ultima è una tecnologia che nei prossimi anni cambierà totalmente il modo in cui la società utilizza la rete internet. Le nuove reti mobili potrebbero raggiungere una rapidità nel trasferimento dati cento volte maggiore dell’attuale 4G, con una latenza (ossia la velocità di risposta di un sistema) venti volte superiore. Ciò, sommato a altre caratteristiche, potrà abilitare secondo gli esperti una innumerevole serie di servizi collegati all’Internet of Things in campi come l’agricoltura di precisione, le reti di trasporto intelligenti, la telemedicina, l’energia, l’intrattenimento e persino il giornalismo, per citarne alcuni.

Proprio questa iperconnessione, che favorirà lo scambio di una enorme mole di dati, spesso anche sensibili, è una delle ragioni dell’accento posto di recente da Washington sulle implicazioni di sicurezza legate al 5G e al ruolo di Pechino nello sviluppo delle nuove reti mobili ultraveloci, un dossier del quale l’amministrazione Usa sta ancora discutendo con l’Italia e con tutti i partner europei e Nato. Washington – che ha lanciato un suo piano per il 5G oltreoceano – ha lanciato nel tempo diversi ‘warning’ sull’argomento, ritenendo i colossi cinesi della tecnologia dei potenziali veicoli di spionaggio a beneficio di Pechino (in virtù soprattutto di una Legge sull’intelligence che obbligherebbe le aziende della Repubblica Popolare a collaborare con la madrepatria).

Da qui la necessità, secondo Washington, di non cedere alle sirene cinesi e di considerare il 5G una infrastruttura critica da proteggere secondo i più alti standard di sicurezza. Livelli che, ha ribadito nei giorni scorsi il più alto funzionario cyber del Dipartimento di Stato americano, Robert Strayer, l’utilizzo di tecnologia di aziende come Huawei e Zte non garantirebbe, al punto che una loro adozione da parte degli alleati potrebbe influenzare la capacità Usa “di condividere informazioni di intelligence” con i suoi alleati, perché inserirebbero “apparecchiature non sicure nella loro rete 5G”. La preoccupazione americana, ha evidenziato l’alto funzionario, tuttavia “non riguarda solo l’intelligence cinese. Il flusso di dati tra Stati Uniti ed Europa è destinato ad aumentare, le nostre economie sono interconnesse, e dobbiamo assicurarci di essere in grado di interoperare e di operare su un’infrastruttura critica che faciliti la nostra economia, non che la ostacoli. Tra Stati Uniti ed Europa c’è anche molta cooperazione militare e focalizzata su vari interessi legati alla sicurezza nazionale. I timori che abbiamo sono legati non solo allo spionaggio”, ha concluso Strayer, “ma anche e soprattutto il fatto che i cinesi possano disporre del potenziale per interrompere o alterare la qualità del servizio che viene fornito su queste reti”.

mit

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