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Fino all’ultimo si erano rincorse le voci di una prossima entrata di Matteo Salvini nel Ppe. Dopotutto lì dentro ci sono ancora i suoi amici e alleati Viktor Orban, Horst Seehofer, Sebastian Kurtz. La suggestione di una Lega pronta a orbanizzare la famiglia dei popolari in vista delle elezioni europee aveva qualche fondamento (l’asse sovranista interno al partito non è più così minoritario). E invece no. Matteo Salvini ha scelto Steve Bannon. Una foto postata su twitter da Mischaël Modrikamen, co-fondatore e leader del partito di estrema destra belga People’s Party, spazza via ogni dubbio. Accanto a lui, in piedi e sorridenti, l’ex braccio destro di Trump e il leader leghista. “Incontro questa mattina con Steve Bannon e Matteo Salvini. The Movement: è dei nostri” recita la didascalia.

Sui profili social ancora nulla. La cronaca si è oggi concentrata sul sequestro dei fondi leghisti disposto dal tribunale del Riesame di Genova. Né Salvini ne ha fatto menzione durante la diretta Facebook in cui ha scartato pubblicamente la lettera della procura di Palermo che annuncia un’indagine preliminare per sequestro di persona aggravato per la gestione del caso Diciotti. La trattativa politica è stata seguita sotto traccia, lontano da riflettori e retroscenisti. Lontano anche dagli elettori.

L’ex capo stratega di Donald Trump, oggi guru indiscusso del sovranismo europeo, ha lanciato a fine luglio The Movement per presentarsi alle urne e soppiantare una volta per tutte il “partito di Davos”. Un brindisi nel lussuoso hotel Mayfair di Londra ha inaugurato la sfida all’Ue. Presenti Nigel Farage (Ukip), Jerome Rivière (Rassemblement National), Filip Dewinter (Vlaams Belang). La créme della créme dell’anti-establishment nel Vecchio Continente. Salvini non c’era. Da via Bellerio nessun segnale di simpatia per il progetto bannoniano. Un’assenza pesante, visti i sondaggi che oggi presentano la Lega come il primo partito italiano. Con l’acquisto del “capitano” il disegno di Bannon è completo. Per i sovranisti del Vecchio Continente Salvini è ormai un riferimento imprescindibile. “Un leader” – ha addirittura dichiarato Viktor Orban quando ha incontrato il segretario leghista nella prefettura di Milano – “se si presentasse alle elezioni in Ungheria vincerebbe”.

L’adesione di Salvini non sorprende, ma non era neanche scontata. Non era scontato che il messaggio dello stratega americano facesse breccia fra i vertici leghisti. In fondo Bannon viene da un sottoterra che non ha nulla a che vedere con la Lega. E ha fatto la sua fortuna cavalcando temi che toccano da vicino la società americana (uno su tutti: gli accordi di libero scambio e il contraccolpo sul manifatturiero), ma sono poco sentiti nella società civile italiana. Non è un caso se anche fra i più decisi sovranisti europei c’è chi ha detto no alla proposta dell’ex mente di Breitbart News. Alternative für Deutschland, ad esempio, ha risposto con il pollice in giù. Il fondatore Alexander Gauland ha subito gelato le aspettative di Bannon: “non vedo grandi chances di una cooperazione, non siamo in America”. La foto postata da Modrikamen mette la parola fine all’idea di una Lega popolare alle europee. E a questo punto suona un campanello d’allarme tanto per i popolari quanto per socialisti e liberali. Ora il gioco si fa duro.

Populisti, non popolari. Ecco il Movement della Lega nel segno di Bannon

Fino all'ultimo si erano rincorse le voci di una prossima entrata di Matteo Salvini nel Ppe. Dopotutto lì dentro ci sono ancora i suoi amici e alleati Viktor Orban, Horst Seehofer, Sebastian Kurtz. La suggestione di una Lega pronta a orbanizzare la famiglia dei popolari in vista delle elezioni europee aveva qualche fondamento (l'asse sovranista interno al partito non è…

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