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È solo un ricordo la sicurezza economica, una volta appannaggio di ampie fasce della popolazione e in particolare della classe media. La progressiva erosione di tale classe, unitamente alla frammentarietà e precarietà del mercato del lavoro, nuove professioni, transizione verso l’economia digitale, crisi dei sistemi pensionistici e previdenziali, difesa a oltranza dei diritti quesiti, ha contribuito ad accrescere le paure soprattutto di coloro che si affacciano ora sul mercato del lavoro o ne sono stati messi a margine.

Una risposta a questa diffusa domanda di sicurezza, ampiamente inevasa, è contenuta nel nuovo Pilastro Sociale varato dai paesi dell’UE alla fine dell’anno scorso a Göteborg. Al di là delle belle parole, tuttavia, sia l’attuale dibattito attorno al nuovo quadro finanziario che dovrebbe sostenere le politiche europee sino quasi alle porte del 2030 (prevedendo maggiori risorse alla sicurezza interna, frontiere, innovazione), sia l’agenda in capo all’Eurozona (per il perfezionamento dell’Unione Bancaria), non riconoscono spazi di rilievo a politiche a sostegno del nuovo Pilastro.

I cittadini europei chiedono invece risposte immediate e tangibili su questo tema. La creazione di un Meccanismo per la protezione sociale dei cittadini, attuabile ed estendibile in più fasi e in più ambiti della vita lavorativa e familiare dei cittadini è pertanto alla base di questa proposta da realizzarsi a trattati europei correnti.

L’ambito di questo nuovo strumento europeo di welfare sarebbe naturalmente limitato all’Eurozona. La necessità di supportare l’UEM con una politica sociale è infatti largamente condivisa, anche perché senza di essa i meccanismi di prevenzione ma soprattutto quelli di gestione delle crisi, si dimostreranno inadeguati e forieri di una sempre più diffusa incomprensione se non addirittura di rifiuto del progetto europeo incentrato sulla moneta unica.

Ecco dunque in estrema sintesi i principali punti sul quale dovrebbe poggiare il suddetto Meccanismo. L’obiettivo, in primo luogo, è assicurare a tutti i cittadini dell’Eurozona un sistema di protezione sociale minimo che vada ad aggiungersi a quello previsto dal singolo paese membro dando immediata attuazione ad alcuni punti declinati dal Pilastro sociale e in particolare le prestazioni di disoccupazione, il reddito e pensioni di vecchiaia e l’assistenza sanitaria. Ampiezza e quantità degli interventi, così come target dei beneficiari, saranno commisurati alle risorse effettivamente messe a disposizione del Meccanismo. Priorità ovviamente agli interventi per la gestione delle crisi occupazionali paesi in difficoltà.

Tema delicato è quello del sostegno finanziario. In merito Il contributo dei singoli paesi membri dovrà essere proporzionale al rispettivo rischio di shock occupazionale, controbilanciato però dagli eventuali surplus commerciali, che favorendo il mercato del lavoro di un paese ne sfavoriscano un altro mettendo quest’ultimo a maggior rischio di shock asimmetrici. Inoltre, il contributo nazionale al Meccanismo dovrà essere calcolato non sugli abitanti in età da lavoro ma su quelli effettivamente occupati (cioè Neet esclusi) . Risorse aggiunte potrebbero poi provenire dal progressivo assorbimento nel Meccanismo dei fondi europei per l’occupazione, crisi occupazionali lotta alla povertà e garanzia giovani.

Per ristabilire l’equità intergenerazionale, inoltre, la contribuzione non dovrebbe essere semplicemente progressiva in funzione del reddito da lavoro o da pensione percepita, ma anche tenere conto della maturità fiscale del contribuente. In particolare, parte delle risorse, dovrebbe andare a costituire il primo nucleo di integrazione pensionistica del Meccanismo, volto ad assicurare una pensione integrativa europea a giovani e giovanissimi.

Circa l’attuazione, si dovrebbe procedere per gradi. Il primo step sarà la costituzione del fondo per assicurare il sussidio europeo di disoccupazione, il secondo quello di costituire il fondo pensionistico europeo per giovani e giovanissimi, il terzo la mutualizzazione del sistema sanitario.

Credo sia giusto riflettere sulla riforma dell’architettura istituzionale di Unione europea e Eurozona, ma credo altresì doveroso concentrarsi prioritariamente sulle risposte che numerosi cittadini europei in difficoltà attendono, per loro stessi e per i loro figli.

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