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Sono mesi che il partito laburista vive un momento drammatico. Non c’è pace, in particolare, per il suo leader Corbyn. Particolarmente significativo è stato il suo silenzio in queste settimane in cui la politica inglese, tra dimissioni di ministri, scontri con l’Ue e il nuovo piano per la Brexit proposto da Theresa May è stata incandescente. Tutti, stampa compresa, si aspettavano che l’opposizione facesse il suo mestiere, e invece.

A tenere Corbyn e il partito laburista con due piedi in una scarpa sono state le accuse di antisemitismo. L’ultimo scandalo è sorto la scorsa notte, quando il Times ha riferito che la primula rossa del partito della sinistra inglese aveva ospitato un evento sul Memoriale dell’Olocausto nel 2010, paragonando il governo israeliano ai nazisti.
Meno di 24 ore dopo, Corbyn si è ritrovato nel bel mezzo del caos – iniziato già diverse settimane fa – dopo che sono emerse riprese del leader laburista che rilasciava dichiarazioni controverse e elogiava il rilascio dei terroristi di Hamas colpevoli, nel caso specifico, di aver ucciso 600 persone.

E allora dal vaso di Pandora sono state tirate fuori vicende più o meno note, ma sicuramente tanto gravi. Per esempio è finita in prima pagina quella volta in cui, in un programma televisivo chiamato “Remember Palestine” nel 2012, ha descritto più di 1.000 terroristi condannati, che erano stati rilasciati dal governo israeliano in uno scambio di prigionieri, come “fratelli”, e si è chiesto se ci fosse un “caso serio” contro di loro.
È uno di loro che, in particolare, Jeremy Corbyn chiama “fratello”: Abdul Aziz Umar, condannato a sette ergastoli dopo aver aiutato nella preparazione di un “gilet suicida” fatto esplodere in un ristorante a Gerusalemme nel 2003, e che ha ucciso sette innocenti.

Le indiscrezioni che trapelano da giorni raccontano di un partito laburista sempre più sull’orlo di una guerra civile. E lasciano presagire una scissione che ha dell’unico.
Il deputato Joan Ryan, che è il presidente di Labour Friends of Israel, ha richiesto un’indagine sui commenti “molto più che orribili” di Corbyn. Aggiungendo, “è oltremodo terribile che il leader del partito laburista non accetti il rilascio di terroristi depravati”.

“United we stand”, intanto, titolavano ieri i tre giornali più importanti della comunità ebraica nel Regno Unito. Stesse aperture, stesso titolo, un’azione coordinata e “senza precedenti” resa necessaria dalla “minaccia esistenziale contro la vita ebraica in questo Paese” che un governo guidato dal laburista Jeremy Corbyn porrebbe accentuare. Da quando Corbyn è stato eletto leader nel 2015 la questione dell’antisemitismo è riaffiorata a più riprese con “cadute preoccupanti”, scrivono il Jewish Chronicle, il Jewish News e il Jewish Telegraph.
E ben prima che emergessero ulteriori dettagli circa l’antisemitismo di Corbyn, il capo della sinistra inglese già aveva definito “amici” Hezbollah e Hamas, note organizzazioni terroristiche.

Ma la vera goccia che ha fatto traboccare il vaso è quando il partito ha formulato il codice di condotta interno contro l’odio nei confronti degli ebrei. Codice che sì riprende in parte la definizione varata dall’International Holocaust Remembrance Alliance, precedentemente approvata dal governo di Londra, ma è pieno di omissioni. Due, tra le tante, hanno fatto scalpore: i paragrafi in cui si spiega chiaramente che è antisemitismo il paragone tra Israele e nazisti o, ancora, l’accusa di “doppia lealtà” (nei confronti di Israele, così come del proprio Paese) rivolta a cittadini ebrei.

Gli animi, a quel punto, si sono inaspriti non poco. Margaret Hodge, deputata laburista ebrea di solito molto pacata e moderata, nei corridoi di Westminster ha apostrofato Corbyn come “razzista” e “fottuto antisemita”.

L’antisemitismo nel partito laburista inglese, per la stampa del Paese, risulta essere la cartina di tornasole dell’odio anti-ebraico che sta infettando l’Europa, in cui si mischia il livore per Israele e l’avversione per il popolo ebraico.

Appena pochi mesi fa accademici e figure di primo piano della cultura e della scienza avevano firmato una lettera-appello pubblicata dal Guardian sul tema dell’antisemitismo e della sua generale sottovalutazione. “Ci sono segnali inquietanti in tutto il mondo: i pregiudizi secolari contro gli ebrei stanno rinascendo ancora una volta. Dobbiamo essere chiari nel riconoscerli e risoluti nell’affrontarli. Una condizione preliminare per combattere efficacemente l’antisemitismo – sottolineavano i firmatari – è la chiarezza su ciò che è e ciò che non è”.
Ma Corbyn, salvo timide retromarce non sembra voler prendere troppo sul serio questo impegno. Almeno di una cosa non può essere accusato: di non essere coerente con se stesso, scrivono sul Guardian.

E adesso che Corbyn si rifiuta di rispondere alla stampa, e che il partito è in rivolta, sembrano essere cambiate anche le prospettive politiche. Se infatti fino a pochi mesi fa era dato per certo che la primula rossa avrebbe scalzato la May diventando il nuovo inquilino del numero 10, adesso ci si domanda per quanto ancora resterà il leader del partito laburista.

populisti, jeremy corbyn

Nuove accuse di antisemitismo per Corbyn. Ed è guerra nel partito laburista

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