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La Borsa? Ieri andata bene (+0,1%) e anche lo spread (236 punti base) si è mantenuto in zona sicurezza. Eppure il contratto gialloverde su cui poggia il governo legastellato, fa ancora paura, più che altro non convince. Il martedì nero dello spread (oltre 300 punti base) a fine maggio doveva essere ancora ben vivo nelle menti dei relatori convenuti ieri pomeriggio al Senato, presso gli uffici dell’Istituto S.Maria in Aquiro in occasione del convegno Dal contratto gialloverde ai rischi per l’economia. Obiettivo dell’evento, organizzato dall’Associazione Riformismo e Libertà e la Fondazione Ottimisti e Razionali, smascherare gran parte dei miti economici contenuti nell’ormai famoso contratto (qui l’intervista al senatore di FdI, Adolfo Urso).

Il calibro dei partecipanti era alto. Dagli economisti Giampaolo Galli, Mario Baldassarri, Gianfranco Polillo (moderatore), Tommaso Nannicini e Giuliano Cazzola, all’ex ministro Carlo Calenda, al giornalista ed ex dirigente Ernesto Auci fino al banchiere ed ex membro del board Bce, Lorenzo Bini Smaghi.

Il primo a prendere la parola, l’ex numero due di Confindustria e già deputato dem Galli, ha puntato il dito contro l’assenza “delle parole crescita e produttività dal contratto. Non ve ne è traccia in 57 pagine di promesse. Così come vi è poca o scarsa presenza di un’altra parola fondamentale e cioè liberalizzazioni. Dove sta? Io non penso che oggi si possa parlare di ripresa in Italia senza partire da concetti come crescita industriale e produttività”.

Per Galli, semmai, nel contratto ad abbondare sono le bugie. “Una su tutte, quella sulla povertà. Dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega ci viene detto che tutti gli italiani stanno malissimo e che il pil è in mano a un gruppetto di riccastri. Ma non è così, io ho preso le statistiche della Banca d’Italia le quali affermano che negli ultimi anni le diseguaglianze non sono aumentate”, ha attaccato Galli. Stesso discorso “per l’Istat. Anche le tavole dell’Istituto mi dicono che la povertà negli ultimi tempi non è aumentata in modo significativo. In conclusione mi pare che ci sia un eccesso ingiustificato di pessimismo nel contratto, a discapito del realismo”.

Calenda ha invece riportato il discorso su un piano industriale. D’altronde da ministro dello Sviluppo è stato il crocevia delle principali partite degli ultimi anni. “Non può reggere un governo che ha un impianto ideologico di questo tipo. Che vuole chiudere la più grande acciaieria d’Europa, l’Ilva o che vuole bloccare alcune delle principali opere in corso d’opera nel nostro Paese”.

Parlando dell’Europa, Calenda si è lanciato in una sorta di premonizione. “Io penso una cosa. Un governo pienamente in mano alla Lega non potrà mai consentire la permanenza dell’Italia in Europa, è una questione di dna. Loro non hanno la parola Europa nel loro dna, è impossibile”.

Ancora più nel merito del contratto legastellato, per Calenda “è già morto ed era ovvio che fosse così. Da un lato il M5S ha un posizionamento di risposta al malessere sociale tramite la fuga dalla realtà. La Lega invece ha una risposta di tipo sovranismo corporativo: il combinato disposto di queste due cose è un sovranismo anarcoide che non ha riflesso nella realtà”.

Una lancia in favore del governo gialloverde Calenda l’ha spezzata per il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che evidentemente gode della stima dell’ex ministro. Tria, è il pensiero di Calenda, con le sue idee sarà in grado di mettere al riparo l’Italia dalle turbolenze che potrebbero aversi con la fine del programma Qe. “L’eventuale stop al quantitative easing che la Bce potrebbe decidere non influirà sullo spread, se la politica economica del governo è quella espressa dal ministro Tria nella sua intervista (al Corsera, ndr)”, ha affermando Calenda, dando all’attuale ministro dell’Economia una grande apertura di credito.

Di scarsa comprensione dell’attuale situzione ha invece parlato Bini Smaghi. “C’è un problema di comunicazione distorta verso i cittadini. Il premier Conte ha detto che lo spread non è così importante. Ma allora questo Paese non ha capito nulla, perché nulla come lo spread è legato all’economia reale, qualcosa di legato a tutti i giorni e non una roba da extraterrestri. Il governo dovrebbe spiegare questo, comunicarlo all’economia reale, aziende o persone che siano”. Secondo Bini Smaghi “quando lo spread va su le banche si indebitano a tassi più alti. Se lo spread va su il capitale viene bruciato e non c’è più credito per le aziende. Dunque l’impatto di questo spread è che stiamo entrando in recessione, non si è capito ma è quello che è successo in Italia nel 2011 prima che arrivasse Monti”.

Il banchiere fiorentino ha insistito sulla necessità di smetterla “di dare messaggi ambigui da parte di Lega e Cinque Stelle, che alla fine portano l’opinione pubblica a una sola conclusione: che l’Italia non ce la fa da sola”.

 

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