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La polizia inglese ritiene di avere identificato le persone che avrebbero compiuto l’attacco con l’agente nervino Novichok contro l’ex spia russa Sergei Skripal e sua figlia Yulia a Salisbury, il 4 marzo scorso. Una fonte dell’Associated Press ha detto che Scotland Yard avrebbe beccato i presunti colpevoli attraverso le telecamere di sorveglianza: hanno fatto controlli incrociati con le registrazioni delle persone che sono entrate nel paese in quel periodo e da questo li hanno individuati.

“Gli investigatori sono sicuri che i sospettati siano russi”, dice la gola profonda. La vicenda ha un enorme peso diplomatico, perché si ricorderà che Londra reagì pesantemente, portandosi dietro l’intero blocco dei paesi occidentali, accusando Mosca del tentato assassinio dell’ex ufficiale del Gru (il servizio segreto militare russo) colpevole di aver passato informazioni top secret agli inglesi.

L’operazione di repulisti tra spie che il Cremlino avrebbe ordinato su suolo britannico aveva fatto infuriare il governo inglese che aveva espulso dal proprio territorio alcuni funzionari dell’ambasciata russa che secondo le informazioni del Mi5 (l’intelligence interna londinese) sfruttavano la copertura diplomatica, ma lavoravano nell’ambito di piani di spionaggio. Lo stesso avevano fatto altri paesi – tra cui l’Italia – con misure analoghe contro le rappresentanze diplomatiche russe nelle proprie capitali; Mosca aveva risposto per rappresaglia, aumentando la profonda crisi nei rapporti tra Russia e Occidente, una spaccatura con misure da Guerra Fredda.

La situazione è peggiorata nelle ultime due settimane perché una ragazza inglese di Salisbury sarebbe entrata accidentalmente in contatto con il Novichok, probabilmente un residuo di quello usato contro gli Skripal: avvelenata, è poi morta in ospedale. E giù altre accuse contro Mosca per le responsabilità indirette di quanto accaduto.

Ieri, Christopher Wray, il capo dell’Fbi (che sta collaborando con gli inglesi anche sulla vicenda Skripal, e infatti il New York Times ha almeno una fonte americana, oltre quelle inglesi, che dice: è stato il Gru russo), ha dichiarato che la Russia continua a essere impegnata in ”operazioni maligne” che puntano a seminare discordia e spaccare gli Stati Uniti. Mosca è ”l’attore più aggressivo” sul palcoscenico mondiale nel cercare di causare problemi alla società americana (e non solo), ha aggiunto. Wray poi ha ribadito la bontà delle conclusioni dell’intelligence sul fatto che la Russia abbia cercato di interferire con le elezioni presidenziali del 2016.

Tentati assassinii, interferenze elettorali e nel dibattito pubblico, operazioni ibride come in Ucraina, sono questo il genere di playbook che il Cremlino sta portando secondo l’intelligence americana e inglese. E la sottolineatura di Wray è piuttosto interessante perché arriva in un momento in cui Washington e Londra si trovano a stretto contatto perché il presidente Donald Trump sta cercando di sfruttare la fase delicata della Brexit per allontanare l’Inghilterra dall’Europa e spostarla verso l’altra sponda dell’Atlantico: ma Downing Street e la Casa Bianca sembrano distanti sulla Russia.

Se a Londra non c’è dubbio sulla linea severa, il presidente americano negli ultimi giorni ha avuto un comportamento schizofrenico e indeciso sulla postura da usare con Mosca. Ieri, per il terzo giorno consecutivo, ha cambiato idea (per la quarta volta in tre giorni) sul se considera la Russia una minaccia o meno. Mercoledì mattina è sembrato suggerire che la Russia non sta più cercando di interferire nelle elezioni americane, ossia ha detto l’opposto di quello che il capo dell’agenzia di controspionaggio statunitense, Wray, sta dicendo: “Penso che il Presidente Putin lo sappia meglio di chiunque altro, sicuramente molto meglio dei media”, ha detto.

E questo ha spinto la Press Secretary della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders, a dover rettificare qualche ora dopo, precisando che le parole del presidente erano state fraintese; per la seconda volta negli ultimi due giorni, dopo la disastrosa conferenza stampa di Helsinki al fianco di Vladimir Putin, in cui apparentemente aveva dato ragione all’innocenza russa e non alle conclusioni delle indagine dei servizi segreti americani. Il commento di mercoledì ha dato l’impressione di contraddire la retromarcia al ritorno dal vertice finlandese, quando aveva annunciato di fidarsi delle conclusioni della sua intelligence e non di Putin, ma poi aveva aggiunto caveat (copyright Washington Post) che suggerivano che altre nazioni o attori potrebbero essere stati coinvolti.

 

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