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In Cina è di nuovo allarme. Dopo la diffusione di SarsCov2, il virus responsabile della pandemia che ha bloccato il mondo per due anni, la Repubblica popolare è di nuovo al centro dell’attenzione per i casi di polmonite atipica che sta colpendo diversi bambini, soprattutto nelle città di Pechino e Liaoning. La segnalazione, che è stata lanciata da ProMed – la stessa piattaforma ad aver condiviso per prima l’allarme relativo alla Covid-19 – parla di una malattia infettiva respiratoria e, più nel dettaglio, di una “polmonite non identificata”.

La richiesta dell’Oms…

L’Organizzazione mondiale della sanità, l’Oms, che all’epoca del Covid era stata criticata per non essersi mossa tempestivamente e per aver evitato inizialmente di pressare Pechino sulla trasparenza riguardo a ciò che stava accadendo, ha inviato alla Cina una richiesta ufficiale d’informazioni dettagliate. È la stessa Oms a farlo sapere con un comunicato – che è anche un messaggio di attivazione preventiva. Pechino, che registra un incremento di polmoniti già dal 13 novembre con un boom di ospedalizzazioni e di assenze nelle scuole primarie, avrebbe risposto tempestivamente, “fornendo i dati richiesti”, secondo quanto riferito dall’Oms.

… la risposta di Pechino

“Le recenti malattie infettive respiratorie segnalate dai sistemi di monitoraggio e dagli ospedali in tutta la Cina sono state causate da agenti patogeni epidemici noti”, dichiara il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ccdp), e più precisamente da “mycoplasma pneumoniae, virus respiratorio sinciziale umano, adenovirus e virus dell’influenza”. Tutto sotto controllo?

L’allarme di Pregliasco

L’Oms “non ha poteri ispettivi”, come ha ricordato a Formiche.net Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Irccs Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio e professore di Virologia dell’Università degli studi di Milano. Che non è preoccupato, ma che comunque ritiene fondamentale “mantenere l’allerta”, perché “rischiamo di ritrovarci in una situazione pericolosa”.

La Cina è poco trasparente?

Del resto, aggiunge Pregliasco, “non possiamo negare che com’è già emerso in passato, la Cina non brilli per sicurezza e trasparenza”. Il riferimento è alla pandemia esplosa alla fine del 2019, quando potrebbero esserci state sia falle di biosicurezza che volontà di non diffondere troppe notizie per non creare problemi di immagini alla Cina. Tale contesto potrebbe ripetersi adesso, in un momento in cui Pechino – come dimostra anche la decisione sulle concessioni riguardo ai visti – intende riaprirsi al mondo, cancellare la stagione degli ostinati lockdown connessi alla Zero Covi Policy (legata anche alla scarsa efficacia dei vaccini cinesi) e ripartire con turismo e business.

“A suo tempo – ricorda Pregliasco – avrebbero potuto essere più tempestivi a lanciare l’allarme: non so perché, ma non l’hanno fatto”. Del resto, il Covid sembra anche aver lasciato un’eredità positiva: “L’esperienza passata ci ha scottati. Ciò è un bene, perché avalla le attività di sorveglianza”. Anche se, aggiunge il professore, è chiaro che “potrebbe trattarsi di un falso allarme”. Tendenzialmente frutto anche di una maggiore allerta riguardo sia le diffusioni virali ed epidemiologiche, sia il comportamento degli stati riguardo alla trasparenza in ambito di sicurezza sanitaria.

Il valore strategico della collaborazione

Ma la preoccupazione non riguarda la sola diffusione di eventuali nuove patologie infettive. Nonostante la lezione, infatti, ce n’è una che potremmo non aver imparato, spiega Preglisco: “Il Covid ci ha insegnato quanto sia importante la collaborazione fra Paesi, ma siamo sicuri che l’abbiano capito tutti?”, si domanda il virologo, secondo cui urge una “importante attività di moral suasion a supporto della cooperazione internazionale”.

Sotto questo quadro, fra le questioni più urgenti da affrontare: quella dell’approvvigionamento dei medicinali. Sebbene durante la pandemia da Sars-Cov-2 abbiamo toccato con mano il pericolo generato dalla carenza di medicinali e prodotti biomedicali, sembrerebbe che in caso di nuove pandemie, non saremmo in grado di provvedere per quanto necessario. “È chiaro che alcune cose si sono fatte, ma c’è ancora molto da fare”, ha detto Pregliasco, che alla domanda sull’ipotesi di rimanere nuovamente senza farmaci necessari, ha risposto: “Temo proprio di sì”.

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