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Women 4 digital è partita dalla Regione Lazio, con un’iniziativa di Open Gate Italia, società di consulenza, public affairs e comunicazione, fondata da una donna, Laura Rovizzi. Una ricerca di esperienze e leadership digitali di tante donne. Per trovare si deve cercare. Non mancano iniziative che sottolineano l’importanza delle donne alla trasformazione digitale, qui ci sono alcune differenze molto nette.

Hanno preso la parola leader femminili, locali e nazionali su temi e scelte (agende digitali, cyber security, ultrabroadband, tlc e mercato) che già le vedono protagoniste, dirigenti e responsabili sul campo. Troppo spesso alle loro responsabilità, ai loro risultati la società, le organizzazioni e l’ecosistema decisionale non fanno corrispondere poteri e riconoscimenti di fatto, linee di progressione delle carriere, continuità delle esperienze.

Il secondo aspetto nuovo è che nell’incontro, ed in quelli che seguiranno, non si rispettano le “quote blu”. Volutamente. Hanno preso la parola 15 donne e 3 uomini. La consistenza ed i contenuti di queste “leader”, dimostra che esiste un gran numero di talenti manageriali, imprenditoriali, pubblici e privati, che già portano avanti imprese, progetti, organismi e servizi innovativi che non starebbero in piedi, se non grazie all’affermazione ed alla crescita (ancora troppo lenta e difficile) dell’empowerment e self empowerment femminile, anche e soprattutto nel campo digitale.

La parità di genere, come la diversità e l’inclusione, non sono solo (ma anche) questione di statistiche, di ingiustizie retributive (eccome), di barriere all’ingresso (che ci sono), ma anche di “ascolto”, di “valorizzazione e racconto” delle tante cose che le donne già fanno per la crescita e la trasformazione del paese. L’ assessora alle pari opportunità Enrica Onorati ha parlato di “alternanza” più che di rappresentanza.

Le esperienze mostrano che esiste una classe dirigente femminile forte che può vantare ottimi risultati. Risultati misurabili, esperienze replicabili e scalabili. A questo impegno però non corrisponde il profilo delle prime linee di comando nell’ambito dell’ICT, del digitale pubblico e privato, e questo avviene proprio in un paese in cui il premier è donna.

I ruoli di alta dirigenza restano prevalentemente maschili e raramente le donne varcano la soglia della “rappresentanza”, pure importantissima, nei Consigli d’Amministrazione.

Una parte cospicua di questa crescita e maturazione è avvenuta in tempi molto difficili, con ristrettezze e criticità sociali diffuse. E’ pur vero che le risposte “resilienti” (post pandemia e in tempi di guerra e crisi) hanno aggiornato prospettive e progetti, grazie ad una maggiore solidarietà globale ed europea, hanno favorito la maggiore propensione all’uso di strumenti digitali (anche nella vita privata, familiare e nelle amministrazioni). Questo ha diffuso lentamente la consapevolezza dei rischi (privacy, cyberattack, mancanza di trasparenza, discorsi di odio ed anche crimini online) e della necessità di difendersi, di crescere educandosi ad una maggiore consapevolezza di governare l’infosfera.

Queste esperienze di leadership corrispondono anche ad un impegno globale (dal G20 tenutosi in Italia, alla guerra etc) per limitare “il carico ed il danno crescente” del quadro globale (guerra, ambiente e pandemia) sulle donne, ma anche per sostenere concretamente percorsi di emancipazione ed empowerment femminile, per correggere la filiera delle ingiustizie che le riguardano; non creando una “riserva” , ma riconoscendo e liberando spazio per il loro potere; abilitando gli strumenti per esercitarlo e le risorse necessarie. Anche seguendo gli obiettivi e le indicazioni dati da ben due vertici dei G20, dall’ Italia a Bali e tra queste l’indicazione di “Costruire la resilienza digitale e le competenze future per le donne”. Basta cercare e valorizzare; per non vedere la strada indicata da queste dirigenti sul campo, bisogna essere ciechi, o nasconderla, e per fortuna non è possibile.

Tetti di cristallo digitali e donne che li infrangono

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