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“Il salvinismo in Italia ha subìto uno stop: il tema dell’immigrazione nella pubblica percezione non ha più quella rilevanza che poteva avere un anno fa e che ha consentito a Salvini di raggiungere un risultato importante alle europee. Per cui la nuova sfida sarà al centro”. Lo dice a Formiche.net il senatore Paolo Romani, che con i colleghi Quagliariello e Berruti sta formalizzando il passaggio al gruppo misto abbandonando Forza Italia, partito in cui ha militato per 26 anni, ma senza l’intenzione di appoggiare questo governo.

L’Italia esce vincitrice dalla partita con l’Ue?

Chi immagina che qualcuno in Europa ci dia del denaro senza un minimo di condizioni, a mio avviso non conosce l’Ue né il sistema finanziario. Era ovvio che ci fosse un minimo di condizionalità. Il discorso quindi dipenderà dalla capacità del nostro paese di avanzare una proposta programmatica tale da essere convincente in sede preventiva e da affrontare il sistema di monitoraggio nell’avanzamento dei lavori. Questa la vera sfida che abbiamo dinanzi e sulla quale misureremo la vittoria che abbiamo ottenuto.

Si poteva ottenere di più?

In termini di soldi oggettivamente 81 miliardi di contributi a fondo perduto e il resto in prestiti a costi bassissimi con un rimborso di lungo periodo è sicuramente un buon punto di partenza.

Di chi il merito maggiore?

Non sappiamo, anche perché non ci viene detto in Parlamento come sia stato superato l’ostacolo. Penso che il commissario Gentiloni abbia aperto la strada soprattutto con i due interlocutori principali, Macron e Merkel. Ho inoltre l’impressione che ci sia stata una buona capacità negoziale da parte del nostro premier.

Adesso occorrerà programmare una fase nuova: di cosa avrà bisogno di governo?

Penso a due settori su tutti. Il primo è l’innovazione digitale: questo governo ha una deriva ideologica secondo cui il processo di digitalizzazione passerebbe solo dall’utilizzo digitale dei pagamenti al posto dei contanti. Ma le società che usufruiscono dei pagamenti digitali senza spendere una lira nel sistema infrastrutturale godono solo nel semplice fatto di esistere. Per cui al momento dobbiamo imporre ai players come Tim e Oper Fiber di avere un’unica infrastruttura digitale, evitando che le centinaia di sindaci intervengano per limitare l’attuazione del 5G. Al contempo occorre che tutta la Pubblica Amministrazione affronti una fase di formazione per entrare nel mondo digitale.

E in secondo luogo?

Il passaggio all’innovazione green, che non è un tema esclusivamente di sinistra, come dimostra l’exploit trasversale dei verdi in Germania. Non passa solo dalla carbon tax, ma ad esempio dall’uso del circolo dei rifiuti per ottenere nuova energia. Quindi un uso virtuoso delle rinnovabili. Per cui l’Italia dovrà fare un passo nelle due direzioni che ci sta indicando l’Europa: innovazione e green. Le 137 proposte che il governo ha inviato non sembrano però andare in tale direzione. Il nostro lavoro sarà quello di fare in modo che si correggano, mettendo il governo nella capacità di comprendere maggiormente.

Come può cambiare il ruolo delle opposizioni? Il vostro passaggio al Gruppo Misto è un segnale in quale direzione?

Ci troviamo in una crisi drammatica, per via di un decremento del pil del 13%. Se è vero che l’Italia fattura 1800 miliardi all’anno, due mesi di lockdown secchi ci costano 300 miliardi. Vanno messe in campo risorse di altrettanta quantità, per ripartire. Bisogna che ci sia un progetto-Paese, tramite la capacità di riallocazione di risorse, soprattutto nelle aree più colpite. Serve che una volta tanto l’Italia faccia un passo nella direzione di riforme autentiche, l’unico modo per fare un salto di qualità. Se non approfitteremo di questa straordinaria opportunità perderemo un’occasione storica.

Quali gli obiettivi di Idea e Cambiamo? Con quale perimetro e orizzonte?

Partiamo dalla considerazione che il salvinismo in Italia ha subìto uno stop: il tema dell’immigrazione nella pubblica percezione non ha più quella rilevanza che poteva avere un anno fa e che ha consentito a Salvini di raggiungere un risultato importante alle europee. C’è un’attenuazione del salvinismo, anche se la Lega resta forte nel centro nord. Di contro c’è un arretramento del M5S, alle prossime elezioni non andrà oltre il 12%.

Quindi?

Si apre uno spazio al centro, fra tutti gli schieramenti politici, molto frequentato da noi, da Calenda, da Renzi e altri, che però ha bisogno di innovarsi. Il centro deve capire dove andare. Perché non può esserci ad esempio una proposta ecologica di destra? Così potremo giocare una partita in un mondo che sembra proporzionale stando alle intenzioni della maggioranza. Ma, e lo dico in termini definitivi, noi non ci muoviamo dalla cornice del centrodestra: da lì partiamo e sbaglieremmo se andassimo altrove, addirittura appoggiando questo governo. Non è nelle nostre intenzioni.

Servirà un esecutivo di unità nazionale?

L’idea non sarebbe sbagliata, ma probabilmente oggi obbligherebbe a cambiare il premier. E Conte, per la vittoria in Ue che tutto sommato gli si può riconoscere, ha rafforzato la propria posizione politica.

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