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Matteo Renzi non ha alcuna intenzione di interrompere la legislatura prima del tempo. Anzi. Da Firenze, dove questa mattina ha chiuso la decima edizione della Leopolda, l’ex premier ha indicato chiaramente una data, a conferma della sua volontà di non arrivare allo scioglimento anticipato delle Camere: il 2022, quando il Parlamento sarà chiamato a scegliere il successore di Sergio Mattarella. “Questa legislatura ha il dovere di eleggere un capo dello Stato europeista”, ha affermato Renzi. E tra il 2022 e la primavera del 2023 il passo è troppo breve per immaginare che non si arrivi alla scadenza naturale. Almeno secondo la posizione espressa oggi dal leader di Italia viva che, semmai, non ha mandato segnali altrettanto tranquillizzanti a Giuseppe Conte alle cui parole stizzite di ieri Renzi ha risposto piccato: “Dire qualcosa di positivo e proporre idee non è lanciare ultimatum, ma fare politica. Dire che non bisogna tartassare le partite iva non vuol dire che si sta dando un ultimatum. Da questo salone non è arrivato un solo ultimatum al governo”. Certamente non un avviso di sfratto – d’altronde è troppo presto anche solo per immaginarlo – ma la sensazione è che, ad avviso dell’ex premier, la legislatura sia blindata mentre l’attuale presidente del Consiglio molto meno (qui la nostra intervista allo storico e politologo Giovanni Orsina).

Peraltro Renzi ha cercato ancora una volta di presentarsi come il principale avversario di Matteo Salvini a cui non ha risparmiato stoccate anche dure: dal palco della Stazione Leopolda lo ha paragonato a Don Abbondio – per aver attaccato i suoi genitori ieri da piazza San Giovanni e non nel corso del faccia di qualche giorno fa da Bruno Vespa (qui le foto) – e lo ha incalzato a tutto campo, dal Papeete all’euro: “Se fossimo andati a votare avremmo consegnato il paese a chi si allea con CasaPound”. E ancora: “Noi saremo anche al 3% ma intanto ti sei fatto fregare da noi”. Parole che rivelano in modo piuttosto chiaro il disegno renziano: accreditarsi agli occhi del Paese come il più importante argine alla destra salviniana. Quasi a dire che chi non sta con il leader leghista non può che fare il tifo per lui. Una strategia che fa venire alla mente, ovviamente con tutte le dovute differenze, quanto accaduto qualche anno fa in Francia con la sconfitta della sovranista Marine Le Pen e la vittoria di Emmanuel Macron. Al quale, non per caso, Renzi ha affermato espressamente di ispirarsi.

“Noi vogliamo fare quel che ha fatto Macron, che certo non ha avuto il consenso dei socialisti francesi”, ha affermato l’ex presidente del Consiglio che dalla Leopolda ha spiegato in modo chiaro quale posizione Italia viva cercherà di andare a occupare nello scenario politico italiano: “Vogliamo offrire uno spazio a chi non crede nella casa dei sovranisti e non sta in un disegno strutturale di alleanza tra Pd e M5S. Noi non la faremo quella alleanza perché il nostro mondo è diverso, non è casa nostra”. Quindi alleato, ma soprattutto, competitor del Pd a cui, com’è inevitabile che sia, Renzi punta a sottrarre il maggior numero possibile di consensi e di dirigenti (“Restiamo amici con quelli rimasti nel Pd, loro se vogliono venire avranno sempre porte aperte, noi intanto partiamo”) per far crescere la sua nuova creatura politica. Che, però, guarda e guarderà sempre di più al centrodestra o, meglio, agli elettori, ma anche agli esponenti, di centrodestra che non si riconoscono nel messaggio di Matteo Salvini. In questo senso, Renzi si è reso protagonista di un’apertura politica in piena regola, rivolta in particolare agli azzurri che non hanno condiviso la scelta di Silvio Berlusconi di aderire ieri alla manifestazione di Roma: “A San Giovanni ieri è finito un modello culturale di centrodestra, che io non ho mai votato e che aveva distorsioni, ma che ha cercato di rappresentare l’area liberale del Paese. Ieri Salvini ha preso le redini, capisco il disagio dei dirigenti e dei militanti di Forza Italia. A chi crede che c’è spazio per un’area liberale e democratica dico di venire a darci una mano. Italia viva è aperta”. Un messaggio difficilmente fraintendibile: il suo nuovo partito si candida a ereditare, almeno in parte, le battaglie e le parole d’ordine del centrodestra moderato italiano – il riferimento al liberalismo e alle partite iva rappresenta, in quest’ottica, solo un esempio – ma anche, naturalmente, un pezzo della sua classe dirigente e dei suoi elettori. Disegno chiaro, quello renziano, a cui bisognerà vedere però che tipo di risposta daranno gli italiani con le loro scelte di voto.

Renzi blinda la legislatura e annuncia il modello Macron

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