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La maggioranza giallo-verde sta dando in questi giorni cattiva prova di sé, commettendo una impressionante sequenza di errori che sono facilmente elencabili ed essenzialmente riducibili a quattro.

Il primo è quello di avere mostrato una litigiosità interna che a pochi mesi dalla formazione del governo ha già superato il livello di guardia. Un “tutti contro tutti” che si è consumato intorno ad aspetti non particolarmente rilevanti della manovra che però sono diventati efficace cartina al tornasole di una divergenza di vedute tra Lega e M5S di cui ormai tutti parlano (e nemmeno più off the records).

Il secondo è (se possibile) ancor più grave. I due partiti hanno infatti consentito una progressiva delegittimazione delle due figure chiave dell’esecutivo, cioè il premier e il ministro dell’economia, che hanno perso gran parte della loro credibilità proprio nelle giornate decisive del confronto europeo sulla manovra economica, con effetti micidiali sull’Italia ben visibili nella riunione di Bruxelles (per Conte) e nella parodia di Crozza (per Tria).

Al terzo posto c’è il pasticciato coinvolgimento del Quirinale nelle baruffe di queste ore, con effetto sgradevole oltre che sommamente inelegante. Qui però non si tratta di forma o di galateo, si tratta di sostanza politica ed istituzionale, a riprova di una persistente immaturità che continua ad essere elemento distintivo per molti attuali governanti (ogni riferimento al ministro Di Maio non è casuale).

Infine c’è un tema più generale, ma forse di rilevanza superiore rispetto a tutti gli altri. I leader di Lega e M5S hanno chiaramente lasciato intendere in queste ore che l’appuntamento del voto europeo di maggio è il loro primo pensiero (al punto che Salvini accarezza l’idea di un coinvolgimento in prima persona). Hanno cioè avvalorato l’idea per cui la dimensione del consenso e dell’azione politica è quella che occupa i loro pensieri dalla mattina alla sera.

Tutto ciò però è estremamente pericoloso mentre l’Italia sottopone una controversa manovra di bilancio al giudizio dei mercati e dei (feroci) partner Ue. È infatti evidente anche a un bambino che ogni segnale di disimpegno (perché di ciò si tratta, qualunque cosa di segno opposto dicano nelle prossime ore i protagonisti) finisce per peggiorare il nostro rating, poiché solo una granitica e compatta volontà politica di sostenere il governo e le sue scelte di bilancio può arginare i giudizi negativi che stanno facendo il giro del mondo e che rischiano di avere effetti devastanti (vedi impennata dello spread).

Pur in assenza di ogni segno di vita dalle opposizioni, M5S e Lega sembrano dunque già avvitarsi in un clima di sospetti, rancori e ripicche. Così i governi servono a poco e, generalmente, durano anche poco.

Il "tafazzismo" al governo

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