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La difesa europea è indispensabile per poter competere con i big mondiali, ma per riuscire a contare nel Vecchio continente (e a non subire l’attivismo di Francia e Germina) è opportuno prima di tutto fare delle scelte a livello nazionale. Bisogna scegliere su quali programmi investire e quali mantenere a sovranità nazionale. Per farlo, una Cabina di Regia ad hoc a palazzo Chigi “sarebbe una buona idea”. Parola di Alessandro Profumo, amministratore delegato dell’azienda di piazza Monte Grappa, intervenuto all’evento “Investimenti per la crescita – L’industria della Difesa”, organizzato a Roma dalle riviste Airpress e Formiche.

UN SETTORE STRATEGICO

“Bisogna partire dal titolo di questa conferenza”, ha esordito Profumo. “Sta infatti a noi, ai grandi operatori dell’industria, spiegare perché diamo un contributo positivo alla crescita del Paese”. La prima ragione, ha notato, è che il comparto offre “multipli rilevanti: gli investimenti nel nostro settore hanno ricadute che vanno oltre quelle puramente economiche, rafforzando il ruolo geo-politico del sistema-Paese” e abilitando “alla partecipazione a iniziative e programmi internazionali”. Sul fronte della dualità, per fare un esempio, Profumo ha ricordato “quello che si può fare con l’interferometria per il monitoraggio dallo spazio di infrastrutture critiche”. È d’altronde della scorsa settimana la notizia dell’accordo (ricordato nel corso dell’evento anche dal presidente dell’Agenzia spaziale italiana Roberto Battiston) tra il Miur, l’Asi e il Cnr per il controllo di oltre 40mila edifici scolastici tramite Cosmo-SkyMed, un sistema duale, tutto made in Italy, capace di monitorare al millimetro gli spostamenti di terreni o edifici.

GLI INVESTIMENTI IN RICERCA E SVILUPPO

Ciò dimostra che “gli investimenti fatti in ricerca e sviluppo nel settore aerospazio, difesa e sicurezza hanno ricadute tecnologiche estremamente rilevanti su una pluralità di fattori”, ha spiegato il manager. E proprio su ricerca e sviluppo, essenziale per realizzare prodotti allo stato dell’arte in un mercato sempre più competitivo, ha puntato con decisione piazza Monte Grappa. Gli 11,5 miliardi di fatturato registrati nel 2017, ha notato Profumo, sono “basati su una spesa di 1,5 miliardi in R&S”. Ma oltre al capitale economico, “dobbiamo considerare anche del capitale cognitivo”, ha aggiunto ricordando come Leonardo collabori con tanti centri di ricerca e università su tutto il territorio nazionale.

I NUMERI E L’EXPORT DI LEONARDO

E sono proprio tali investimenti a permettere a Leonardo di confermarsi tra i dieci colossi mondiali del settore. Tra l’altro, “solo il 15% del fatturato” della società è legato alle vendite in Italia. Dei circa 7,9 miliardi di produzione nel nostro Paese (gli altri arrivano dalle attività all’estero), ben 6,1 miliardi sono di export, con un peso che, ha notato Profumo, “non deve però farci cadere nella trappola di pensare di essere indipendenti”. Senza “la ricerca e lo sviluppo, e senza la certificazione che arriva dal fatto di avere come partner, e non come cliente, il sistema-Difesa italiana, sarebbe impossibile avere l’85% di export”. Anzi, ha aggiunto, “siamo sempre più dipendenti”, poiché senza la collaborazione con le Forze armate, “non avremo il marchio di qualità che ci contraddistingue, e questo dobbiamo averlo chiarissimo”.

LA COMPETIZIONE EUROPEA

Un convinzione da conservare anche in sede europea. La sinergia a livello nazionale è difatti il prerequisito per collaborare (e non subire) con i partner del Vecchio continente. D’altronde, i progetti avviati da Bruxelles paiono indispensabili per poter competere con i colossi mondiali, di fronte ai quali nessun Paese, da solo, può farcela. Eppure, per evitare di avere un ruolo di secondo piano nel contesto continentale, l’Italia deve prima di tutto “sostenere le tecnologie vincenti e fare delle scelte per non disperdere le risorse, che non sono tantissime”. In altre parole, ha spiegato il ceo, “dobbiamo capire su quali programmi investire, e poi dobbiamo avere la capacità di decidere su quali di questi mantenere la sovranità nazionale e quali invece affidare alla logica collaborativa”. Dunque, “penso sia fondamentale identificare le capacità che vogliamo difendere nel nostro Paese (e ce ne sono di molto forti) razionalizzando ed ottimizzando gli investimenti nel comparto”. Per farlo, “sarebbe una buona idea” l’ipotesi (emersa durante l’evento) di una Cabina di Regia, in capo a palazzo Chigi, che coordini il settore e che metta allo stesso tavolo l’industria e le istituzioni.

VERSO UN SOLO FIGHTER

Di certo, non sarà affidato alla logica della sovranità nazionale lo sviluppo del caccia da combattimento del futuro, quello che dovrà sostituire tanto gli Eurofighter quanto gli F-35. Londra ha annunciato a luglio l’investimento (tutto inglese) sul progetto Tempest (a cui partecipa anche Leonardo Uk), senza chiudere però la porta a collaborazioni e partecipazioni di altri Paesi. Francia e Germania avevano invece già palesato, lo scorso anno, la collaborazione sul Fcas, svelato poi lo scorso aprile al salone ILA di Berlino. Per Profumo “ci sarà un solo fighter del futuro”. Per identificarlo, ha concluso, “bisogna capire quale sarà la geografia politica, e non tecnologica, vincente”.

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