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Alla fine il braccio di ferro tra l’Italia e l’Europa sul caso di nave Diciotti è esploso in uno scontro frontale dalle conseguenze imprevedibili, anche perché contemporaneamente è emersa una spaccatura nel governo visto che il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha indirettamente smentito Luigi Di Maio sul versamento dei contributi europei. Dopo l’esito negativo ampiamente prevedibile della riunione degli sherpa di 12 Paesi a Bruxelles, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con un post su Facebook ha dichiarato guerra all’Ue sostenendo che l’Italia trarrà le dovute conseguenze.

Nel pomeriggio erano già arrivate le prime risposte ufficiali e il “no” a prendere in carico una quota dei 150 migranti è stato espresso dall’Ungheria e dal Belgio. Il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, ha detto chiaramente a Moavero che il suo governo è contrario e dalla nota diramata dal nostro ministero degli Esteri, pur con linguaggio felpato, emerge una spaccatura evidente: l’ungherese ritiene che tra i due Paesi ci sia notevole identità di vedute sulle politiche migratorie, Moavero ha replicato sottolineando invece le evidenti diversità. Sarà quindi interessante capire che cosa uscirà dall’incontro tra Matteo Salvini e il premier ungherese, Viktor Orbàn, che il ministero dell’Interno ha confermato per il 28 agosto a Milano: sovranisti divisi su un tema centrale delle politiche sovraniste. Parlando a un’emittente fiamminga, il segretario di Stato all’Asilo, Theo Francken, ha detto a sua volta che il Belgio non accoglierà più “migranti illegali che partono sui barconi dall’Africa del Nord perché non è una soluzione”.

Nella riunione degli sherpa a Bruxelles gli altri Stati membri hanno respinto la richiesta italiana di suddivisione per quote del carico di 150 migranti della Diciotti con una motivazione che rischia di essere una pietra tombale: oggi gli arrivi in Italia sono inferiori a quelli di altri Paesi e quindi non c’è necessità di condividere le responsabilità. Se fosse confermata questa posizione a livello di Governi, il crollo degli sbarchi costituirebbe un serio problema per la strategia di Salvini e la dura risposta di Conte lascia presagire ulteriori e più aspri scontri.

Le ultime statistiche diffuse dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, dimostrano infatti che quest’anno la Spagna sta accogliendo il 42 per cento degli sbarchi del Mediterraneo, il doppio della Grecia e sei volte quelli dell’Italia. I dati del Viminale al 24 agosto indicano 19.526 arrivi, l’80 per cento in meno dell’anno scorso e circa l’87 per cento in meno dalla Libia, mentre fino al 22 agosto in Spagna erano sbarcati 27.577 migranti contro gli 8.677 dell’anno scorso e in Grecia 17.955 rispetto ai 12.725 del 2017. Malta fino al 19 agosto ne ha accolti 578 e nessuno l’anno scorso. I morti nell’intero Mediterraneo sono finora 1.546 di cui 1.130 sulle rotte del Mediterraneo Centrale: l’anno scorso furono rispettivamente 2.429 e 2.258, quindi sulle rotte dalla Libia si sono dimezzati.

La confusione è tale che la minaccia di Luigi Di Maio di non pagare i 20 miliardi di contributi all’Ue se non fosse risolta la vicenda Diciotti secondo i desiderata italiani ha provocato la risentita replica europea (“Le minacce non portano da nessuna parte” ha detto un portavoce della Commissione) e soprattutto una indiretta smentita del ministro Moavero per il quale “pagare i contributi è un dovere legale” anche se “servirebbe, al di là della situazione della nave Diciotti, una effettiva volontà dei governi europei di condividere le questioni relative ai migranti, che non possono essere lasciate solo alla geografia fisica del nostro continente”. E Salvini? Insiste perché “vengono prima gli italiani” e se qualche giudice vuole arrestarlo non ha problemi: “Lo aspetto”. La campagna elettorale è finita da tempo, eppure non sembra.

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