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Il Dragone salverà l’Italia? Forse sì o forse no, ma vale la pena tentare, se non altro per non mandare il Paese a gambe all’aria. Piccolo ripasso di storia. A partire dal prossimo autunno la Bce smetterà gradualmente di comprare debito pubblico italiano (qui un approfondimento di Formiche.net sul tema), sotto forma di acquisto massiccio di titoli di Stato. 400 miliardi all’anno prestati in cambio di emissioni di medio-lungo termine che permettono allo Stato italiano di pagare le pensioni e finanziare la sanità, i trasporti o la scuola. Insomma, di funzionare.

Dove sta il problema? Semplice, nel fatto che negli ultimi due anni la Banca centrale europea, per mezzo della Banca d’Italia è stata l’unico vero sottoscrittore (per volontà di Mario Draghi) di debito italiano. Tanto che la sua esposizione verso l’Italia, in termini di titoli pubblici in pancia all’Eurotower, è aumentata del 7,7%. Mentre per esempio banche e assicurazioni italiane hanno ridotto la loro quota di esposizione al debito italiano del 3,6%. I fondi d’investimento nazionali hanno invece accorciato del 2,6%. Anche le famiglie hanno battuto la fiacca, tagliando di un ulteriore 0,8% l’acquisto di titoli a media e lunga scadenza. Alla fine, insomma, è rimasta solo la Bce, che però sta per tirare i remi in barca.

Al ministero dell’Economia affidato un mese e mezzo fa a Giovanni Tria non potevano non porsi il problema. Trovando, forse, una soluzione che risponde a nome di Cina. Un Paese che Tria, fin dai tempi di Tor Vergata (era preside della facoltà di Economia), conosce bene e con il quale, ricorda oggi il CorSera, ha mantenuto negli anni solidi rapporti, i quali potrebbero essere messi in futuro a reddito. Per esempio recandosi nel Paese della Grande Muraglia per convincere gli investitori cinesi della bontà (e dell’affidabilità) del sistema Italia. In altre parole, spronarli a comprare Btp. Pechino ha d’altronde la potenza di fuoco per rimpiazzare, seppur in parte, la Bce. Il problema è fidarsi o non fidarsi di un Paese in cui le beghe politiche, che ai mercati non piacciono, sono all’ordine del giorno.

Sull’idea ambiziosa di Tria, e più in generale sul superamento della Bce in veste di compratore finale, Formiche.net ha sentito il parere di Luigi Paganetto, presidente della Fondazione Tor Vergata e reduce dalla trentesima edizione del seminario di Villa Mondragone. L’economista si dice conscio della necessità di un ricambio tra le fila dei compratori finali di debito, senza tuttavia creare allarmismi di sorta.

“Faccio una premessa. Io nutro una grande, grandissima fiducia nel ministro Tria, che finora è stato bravo e abile nel rassicurare i mercati e dunque gli investitori che ci prestano denaro in cambio di titoli. Fatto questo chiarimento, non vedo per l’Italia particolari problemi per il medio-lungo termine. Il debito italiano è assicurato al momento”, ha dichiarato Paganetto. Ma chi potrebbe essere il miglior acquirente di debito tricolore?

Sull’ipotesi delle Cina, Paganetto è cauto. “In prima linea ci sono ancora gli investitori istituzionali. Penso ai fondi pensione, che si sono sempre mostrati interessati nel sottoscrivere il nostro debito, anche perché lo prevede il loro stesso statuto. Al di là dei singoli Paesi, i compratori ci sono, glielo assicuro”. Certo, tutto questo a condizione che l’Italia riesca a mantenere un livello di credibilità accettabile. Paganetto, sollecitato anche sullo scontro isituzionale tra l’Inps e il governo (qui l’analisi di Formiche.net) allontana lo spettro di un effetto sui mercati i quali, come detto, non apprezzano le beghe politiche.

“Anche qui faccio una piccola premessa”, avverte Paganetto. “Queste cose sarebbe sempre meglio evitarle, detto questo non vedo una correllazione stretta tra la capacità di valutazione da parte degli investitori e il caso Boeri. Escludo, francamente, impatti di nota sul mercato del debito”. Meglio così.

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Il debito italiano alla Cina? Il prof. Paganetto spiega perché fidarci di Tria

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