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“Lo Stato di diritto in Spagna è a rischio”. Manfred Weber non gira attorno al problema iberico, in una fase caratterizzata non solo dall’attivismo del Ppe in chiave europee, ma dall’esigenza di tornare pivot dopo gli anni guidati dalla grande coalizione a Bruxelles (oltre che a Berlino). Il vertice di Barcellona, a cui ha preso parte il gotha del partito, ha registrato sia l’accelerata di Weber che l’impostazione politica del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, con l’obiettivo di essere pronti alle urne di giugno e, in secondo luogo, anche ad una stagione di nuove (e naturali) alleanze parlamentari in vista di una commissione politica.

Il caso spagnolo

Il Ppe invia un monito preciso al neo-governo di Madrid e lo fa per bocca del vicepresidente Siegfried Muresan. Ovvero, la Spagna potrebbe perdere i fondi europei Next Generation a causa del suo “attacco allo Stato di diritto”. L’escamotage ideato dal Psoe per consentire a Pedro Sanchez di restare premier, ovvero la legge di amnistia in cambio del voto in aula dei separatisti catalani, è sotto la lente di ingrandimento di Bruxelles. Pp e Vox non solo lo considerano incostituzionale, ma lo definiscono un attacco alle regole europee. “Siamo preoccupati per la violazione dello stato di diritto. Siamo con gli spagnoli. Non vogliamo tacere – ha spiegato Muresan – la Spagna ha bisogno di un primo ministro che abbia la fiducia dell’Europa, dei cittadini e delle imprese spagnole. Serve un presidente che risolva i problemi, non uno che li crei”.

Parole espresse alla presenza del sindaco di Madrid José Luis Martínez Almeida e del ministro degli Esteri italiano, la figura che all’interno dell’alveo popolare italiano sta lavorando per corroborare la strategia in vista delle europee.

Le finanze (e le urne) di Berlino

Anche in Germania si profila, anche se più sotto traccia, una situazione di forte tensione nel governo, monitorata con attenzione dal Ppe, non fosse altro perché dopo le tre elezioni regionali del prossimo anno, andrà fatto un altro tagliando al governo Scholz, che sta attraversando un momento di difficoltà alla voce “bilancio” (su cui la Cdu vorrebbe incunearsi). La recente sentenza della Corte costituzionale federale aveva annullato una ridistribuzione dei prestiti da 60 miliardi di euro dal bilancio 2021. Quest’anno la coalizione del semaforo vuole avvalersi dell’esenzione dal freno all’indebitamento, che permette di prendere in prestito al massimo lo 0,35% del pil. L’eccezione è ammessa solo in caso di catastrofi naturali o altre situazioni di emergenza eccezionali, come la pandemia.

Scontro

Ma sul freno all’indebitamento si sta consumando sia uno scontro interno alla coalizione semaforo che governa la Germania, sia all’esterno dove l’opposizione popolare non sembra compatta. Il primo ministro della Sassonia-Anhalt Reiner Haseloff (Cdu) si è espresso contro il freno, ma il capo del partito, Friedrich Merz, no. “La Confederazione non otterrà la nostra approvazione se proporrà seriamente di allentare il freno all’indebitamento nella Legge fondamentale. Non vi è alcuna giustificazione per questo. I semafori devono accontentarsi dei soldi raccolti dal bilancio federale”, ha detto il numero uno della Cdu. I liberali della Fdp sono gli unici contrari alla sospensione del freno all’indebitamento, sebbene in coalizione con la Spd e i Verdi. La notizia sta nel fatto che secondo Scholz la sentenza di Karlsruhe per la gestione del bilancio a livello federale e statale rende più difficile governare, aprendo di fatto ad una possibile crisi nell’esecutivo.

Scenari

Dunque il Ppe è chiamato, da un lato, a lavorare per le liste alle prossime europee, con la sempre fitta interlocuzione con Ecr, su cui l’occhio di Weber è sempre vigile; dall’altro deve tenere sotto osservazione i due fronti al momento più critici, come Spagna e Germania dove non sono esclusi colpi di scena che potrebbero portare ad un rimescolamento delle carte e quindi ad un voto. Se si votasse oggi il Pp spagnolo otterrebbe più voti rispetto alle politiche di giugno e parallelamente il cancelliere tedesco ammette pubblicamente che il suo governo è in paralisi tecnica.

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