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I danni ai cavi sottomarini stanno rendendo sempre più difficile l’accesso a Internet in tutta l’Africa. Ne scrive il settimanale The Economist, che spiega come la ragione di tutto questo problema è che quattro dei principali cavi dati sottomarini che servono l’Africa sono stati gravemente danneggiati da qualche parte vicino alla Costa d’Avorio poche settimane dopo che un altro era stato tagliato vicino allo Yemen.

Gli atti di sabotaggio attribuiti agli Houthi nel Mar Rosso, così come, il sabotaggio del gasdotto NordStream 2 avvenuto nel Mar Baltico nel settembre 2022, “hanno non solo messo in luce l’importanza della protezione dei cavi sottomarini nella regione” ma hanno anche “portato a una rinvigorita attenzione verso la fragilità delle infrastrutture fisiche anche quando collocate in territori internazionali, rinvigorendo il dibattito sulla loro di sicurezza e governance internazionale”. A spiegarlo a Formiche.net è Andrea Calderaro, Robert Schuman Center Fellow presso lo European University Institute di Firenze e professore in relazioni internazionali a Cardiff University.

Che cos’è cambiato?

Data l’invisibilità del traffico dei dati, spesso si dà per scontato che le nostre connessioni siano immateriali, che Internet sia astratta. Si tende a dimenticare di quanto sia, al contrario, materiale tutta l’infrastruttura telematica che tanto impatta sulle nostre vite quotidiane e sull’intero Ordine Mondiale contemporaneo. La rete è fisica, fatta di cavi sottomarini transnazionali, di hub fisici distribuiti sulle nostre coste, che smistano dati tra altrettanto materiali hard-drive che conservano i nostri dati accessibili attraverso le nostre sottoscrizioni a cloud service.

Perché è fondamentale tenere a mente questi aspetti?

Ricordarci della fiscalità della rete è cruciale per comprendere quanto la sua costruzione, proprietà e sicurezza coinvolga iniziative e soluzioni equivalenti alla gestione e protezione di qualsiasi altra infrastruttura materiale. Con una peculiarità aggiuntiva data dalla natura transnazionale dell’infrastruttura telematica, fatta di cavi poggiati sui fondali marini anche internazionali, al di fuori di qualsiasi sovranità e legislazione nazionale, che impone di conseguenza una efficace e inclusiva cooperazione internazionale anche sul piano normativo.

La diversificazione è l’unica soluzione per mitigare i rischi?

Data l’impossibilità di proteggere ciascuno dei cavi sottomarini, il funzionamento della rete è di norma assicurato dalla loro ridondanza. L’alto numero di cavi permette un immediato ed efficace reindirizzamento del traffico di dati nel caso di rottura di uno dei cavi. Per essere efficace un sabotaggio dovrebbe essere condotto su un altissimo numero di cavi in modo da intasare il traffico sui pochi cavi rimasti. Data la distribuzione dei cavi in vestitissime aeree marittime, un sabotaggio del genere è difficile da prevedere. Alcune aree marittime ospitano però un’alta densità di cavi, rendendo queste aeree particolarmente fragili e di particolare interesse strategico. Per questo motivo, il canale di Suez è probabilmente la regione più esposta a causa dell’alta densità di cavi sottomarini che collegano l’Europa all’Asia.

Guasti e sabotaggi richiedono interventi rapidi. Il mondo è pronto?

La capacità disponibile al mondo di intervenire per la riparazione di cavi in caso di danno o sabotaggio è limitata a una flotta di 18 navi distribuite tra diversi porti strategici nel mondo. Queste navi riescono a intervenire efficacemente nel caso di riparazioni di routine, ma dato il loro numero limitato, non riuscirebbero a rimediare in tempi limitati a una potenziale campagna di sabotaggio distribuita mirante alla manomissione di diversi cavi contemporaneamente.

Al netto di queste considerazione, che cosa può fare la comunità internazionale in un momento simile?

Questa attenzione verso le infrastrutture fisiche anche quando collocate al di fuori di sovranità nazionali è fondamentale a livello di cooperazione internazionale alla luce della loro caratteristica principale: la transnazionalità. Riconoscendo l’impossibilità al momento di assicurare la loro protezione, l’urgenza e soluzione per migliorare la loro resilienza è quella di migliorare la trasparenza sulla loro gestione e collocazione. Queste informazioni chiave sono al contrario non sempre disponibili e di dominio prettamente privato in quanto tale è la proprietà, gestione, e manutenzione dei cavi sottomarini.

E dunque?

Creare maggior collaborazione e dialogo tra governi e privati e identificare regole condivise transnazionali nella gestione dei cavi sottomarini dovrebbero essere priorità della crescente agenda della cooperazione internazionale impegnata a rendere la connettività mondiale sempre più resiliente, aperta e sicura.

Cosa ci ricordano gli attacchi Houthi ai cavi sottomarini. Parla Calderaro (EUI)

“Questa attenzione verso le infrastrutture fisiche, anche quando collocate al di fuori di sovranità nazionali, è fondamentale a livello di cooperazione internazionale alla luce della loro caratteristica principale: la transnazionalità”. Conversazione con Andrea Calderaro, Robert Schuman Center Fellow presso lo European University Institute di Firenze e professore in relazioni internazionali a Cardiff University

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