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Dopo Stati Uniti e Francia, anche il Giappone ha la sua Space Force. È stato inaugurato un paio di settimane fa lo Space Operations Squadron delle Forze aeree di auto-difesa. Si inserisce in precise dinamiche geopolitiche, a fianco degli Stati Uniti nel confronto globale (e oltre) con la Cina, già dimostratasi ben attiva sul fronte spaziale.

IL NUOVO SQUADRONE

“È importante mantenere la superiorità del nostro Paese nei nuovi domini, incluso lo Spazio”, ha detto il ministro della Difesa Taro Kono lo scorso 18 maggio, presenziando alla cerimonia ufficiale di nascita del nuovo Space Operations Squadron. Con lui, a srotolare la bandiera del corpo spaziale c’era il colonnello Toshihide Ajiki, primo comandante dello squadrone che, alle dipendenze dell’Aeronautica, sarà stanziato presso la base di Fuchu, alle porte di Tokyo. L’obiettivo dichiarato è tutto difensivo: monitorare la space debris (i detriti orbitanti) e i satelliti sospetti così da evitare la collisione con le infrastrutture giapponesi. Lo squadrone lo farà con un personale di venti unità, destinato a crescere fino a cento.

LE PREOCCUPAZIONI SPAZIALI

Dietro le promesse difensive, si cela la conferma di uno Spazio sempre più competitivo, anche dal punto di vista militare (lo ha notato anche Vladimir Putin nell’aggiornamento della deterrenza nucleare russa). Lo squadrone del Sol Levante segue d’altra parte la Space Force di Donald Trump e il Commandement militaire de l’espace targato Emmanuel Macron, strutture comunque più corpose di quella giapponese. Alla base ci sono simili preoccupazioni sulla militarizzazione delle orbite, con l’occhio puntato sull’attivismo di Cina e Russia. Nel Libro bianco sulla Difesa dello scorso anno, Tokyo ha dedicato grande attenzione alle dinamiche spaziali, descrivendo minuziosamente i vari assetti a disposizione di Pechino e Mosca e facendo emergere a tal riguardo una discreta preoccupazione. Conferma ulteriore è arrivata nel documento sul budget per il dicastero 2020 (quasi 50 miliardi di dollari quest’anno, in crescita costante dal 2013), comprensivo di un ampio focus sull’esigenza di potenziare la Difesa spaziale con la richiesta apposita per lo Space Operations Squadron.

L’OPINIONE DI SPAGNULO

Così, “per chi segue da anni l’evoluzione delle politiche spaziali nella geopolitica mondiale, la mossa di Tokyo non stupisce, anzi ne conferma la gravità dovuta alla situazione dell’area Asia-pacifico”, ci ha spiegato Marcello Spagnulo, ingegnere aeronautico ed esperto aerospazialie, autore del libro Geopolitica dell’esplorazione spaziale (Rubbettino, 2019). “Le tensioni di Washington con la Cina e la nord Corea si riflettono direttamente sul Giappone – ha aggiunto – sebbene in questa fase non veda una corsa agli armamenti spaziali da parte di Tokyo, perlomeno non ora, quanto piuttosto una forte integrazione – e questa sì è una novità – dei sistemi spaziali e terrestri giapponesi con quelli militari statunitensi (Sbirs, Gps, Ssa) per il monitoraggio delle orbite e per il controllo dallo Spazio dei territori avversari”.

LA COLLABORAZIONE CON GLI USA

Perché? “Perché per Tokyo gli avversari sono a una manciata di minuti di volo di un missile balistico tanto per capirci”. E così, ha rimarcato Spagnulo, “è come se la Space Force del Sol Levante nascesse come una costola di quella americana”. Non è dunque un caso che, oltre la cooperazione con l’agenzia spaziale nazionale (la Jaxa), la cerimonia di inaugurazione abbia sottolineato la stretta collaborazione con gli Stati Uniti, al fine di creare “un sistema di monitoraggio spaziale” che dovrà essere attivo nel 2023. La cooperazione tra Tokyo e Washington in campo spaziale è solida. Il Giappone è già a bordo del programma Artemis per il ritorno sulla Luna entro il 2024, punta di diamante della nuova era dell’esplorazione inaugurata dagli Usa con il recente lancio della Crew Dragon.

IL PUNTO DI HARRISON

Come nota in un recente report sulle armi spaziali Todd Harrison, direttore dell’Aerospace security project dell’autorevole Csis, a Tokyo non mancano comunque le riflessioni su un approccio più proattivo rispetto la semplice difesa. “Riportato dalla stampa – scrive l’esperto – un anonimo funzionario senior del dicastero della Difesa ha affermato che il Giappone sta decidendo se sviluppare un sistema anti-satellite (Asat) co-orbitale, utilizzando armi robotiche, attacchi elettronici o informatici”. Secondo lo stesso articolo, ricorda Harrison, “il governo di Abe ha concluso che un tale sistema Asat co-orbitale rientrerebbe nei principi della Aerospace basic law del 2008”.

LA DIFESA DI TOKYO

Principi che riguardano il concetto dell’auto-difesa, quello su cui sono state costruite dal secondo dopoguerra le Forze armate nipponiche. A fronte dell’assertività di Cina e Corea del Nord, da tempo il Giappone sta ragionando sull’opportunità di potenziare le capacità di deterrenza. Il budget è in aumento costante da anni, così come il dispiegamento di assetti che rafforzano l’asse con Washington. A maggio dello scorso anno, il governo giapponese ha ufficializzato la richiesta per 105 nuovi F-35, da aggiungere ai 42 già in programma. Mentre due anni fa è stato invece approvato l’acquisto di due sistemi americani di difesa missilistica Aegis Ashore.

(Foto di jorono da Pixabay)

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