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Piano con i disfattismi. Alan Friedman, giornalista e saggista americano, frena i profeti di sventura sulla partita a Bruxelles. Comunque vada, nessuno si aspettava che il Recovery Fund da 750 miliardi di euro rimanesse intatto, “è l’abc dei negoziati”. E in fondo Giuseppe Conte non ne è uscito male. Non come i sovranisti, “questo week end ha svelato il grande bluff”. Ora serve un tassello in più. Si chiama Mes, in ballo ci sono 36 miliardi per l’Italia e rifiutarli “è semplicemente insensato”.

Friedman, se le chiedessi le sue pagelle dei leader europei?

Il timone è sempre stato in mano di una sola persona: Angela Merkel. Lei esce meglio di tutti, seguita da Macron, Sanchez, e anche da Conte. Il premier è riuscito a compattare il gruppo dei quattro. Chi esce male è Viktor Orban, che oggi ha ammesso l’inesistenza dello stato di diritto in Ungheria, protestando ufficialmente contro le condizioni per l’accesso ai fondi.

Poi c’è Mark Rutte, l’olandese di ferro.

Qui il bilancio è meno semplice. Pessimo sotto il profilo della solidarietà, si è dimostrato un antieuropeista, ruvido e senza mezze misure come Boris Johnson. Sul piano della politica interna ha giocato alla grande le sue carte. Sa che le elezioni sono nel 2021, e deve tenere a bada Geert Wilders e il resto della destra estremista. Così fa gara a chi fa la voce più grossa.

E l’Italia?

Questa volta il governo italiano ha fatto squadra, almeno sul Recovery Fund. Che la cifra iniziale sia stata rivista al ribasso non è una sorpresa, nessuno davvero credeva ai 750 miliardi, di cui 500 a fondo perduto. Ora dovrebbe ripetere l’esperimento con il Mes, e accettare finalmente questi fondi che di fatto sono senza condizionalità e quasi a tasso zero.

Sul Mes però la maggioranza è spaccata in due.

Trovo questa polemica insensata, parlano i numeri. In ballo ci sono 36 miliardi di euro, elargiti a una sola condizione: che si usino per rafforzare il sistema sanitario, finanziando le spese dirette e indirette fino al 2% del Pil. Un prestito agevolato per dieci anni, quasi a costo zero. Il rischio di una seconda ondata non è affatto remoto, in Lombardia la Sanità deve essere irrobustita.

Quanto manca a un compromesso accettabile per Roma?

Il grosso del compromesso già c’è, gli ultimi nodi si scioglieranno, se non nelle prossime ore, nelle prossime settimane. Questo week end è andato in scena il classico grande evento europeo, con nottate, drammi e rinvii annessi. Le stesse trattative, per quanto accese, sono la prova del grande esperimento democratico che è l’Ue. Sull’esito non sono pessimista.

Questi negoziati hanno fatto un po’ riaffiorare le contraddizioni della famiglia sovranista. Ammesso che di famiglia si possa parlare.

Mai fidarsi dei sovranisti. Lo abbiamo capito con Trump, non lo scopriamo oggi in Europa. Faccio notare che dobbiamo anche a Wilders, sovranista e alleato di Salvini, se Rutte ha sentito l’esigenza di esagerare così tanto contro l’Italia. Wilders dice che l’Italia non merita una lira. Il premier olandese ha quindi inseguito i sovranisti sullo stesso tereno. Se questi sono gli amici sovranisti di Salvini, allora chi sono i suoi nemici?

Gli Stati Uniti sono rimasti in disparte rispetto alla partita di Bruxelles. Tutto normale?

Ancora pochi giorni fa Trump ha attaccato la Nato. Poi, non soddisfatto, ha risfoderato un’altra gaffe. L’Ue, dice, è stata concepita per sfruttare l’America. Sono gli ultimi colpi di coda della campagna elettorale e di queste ne sentiremo ancora. Io spero che il mio Paese a novembre rettifichi questa anomalia storica, e che il nuovo presidente Biden riporti gli Stati Uniti ad essere amici della Nato e dell’Ue, come con Obama.

Conte, il Mes e il grande bluff dei sovranisti. Parla Friedman

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