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“Cinquemila e undici persone sono state trasferite in Italia con l’operazione Aquila Omnia, di cui 4.890 afghani, 2.145 uomini, 1.345 donne, 1.400 bambini”. Questi sono i numeri della missione di evacuazione dall’Afghanistan illustrati oggi dal comandante del Comando operativo di vertice interforze (Covi), generale di corpo d’armata Luciano Portolano, in udienza presso le commissioni congiunte di Esteri e Difesa sulla partecipazione italiana all’intervento internazionale in Afghanistan “Sono numeri resi possibili grazie a un lavoro complesso e incessante di confronto tra gli ufficiali del Covi e il personale in teatro”.

L’OPERAZIONE AQUILA OMNIA

“L’operazione di trasferimento del personale afgano in Italia non si è ancora conclusa” ha proseguito Portolano, che ha segnalato quanto la Difesa sia ancora in contatto con tutti i collaboratori italiani rimasti in Afghanistan che non è stato possibile evacuare a causa del deterioramento delle condizioni di sicurezza sul terreno. In previsione di eventuali attività future, ha aggiunto il generale, la Difesa ha predisposto un database che raccoglie tutti i dati disponibili per ogni richiedente aiuto e per il suo nucleo familiare, messo a disposizione del governo e degli altri enti statali per ogni eventuale futura attività di ricollocazione.

LO SFORZO ITALIANO

Secondo il generale Portolano, quello di Aquila Omnia è stato “uno sforzo operativo e logistico mai sperimentato prima dalla Difesa”. Novanta missioni di volo, eseguite attraverso un consistente spiegamento di mezzi aerei dell’Aeronautica militare, assetti aerei forniti da Paesi amici e alleati (Canada, Qatar, Germania e Usa), vettori commerciali contrattualizzati dalla Difesa e anche assetti offerti dall’organizzazione non governativa Nove onlus. Per quanto riguarda il lavoro in Patria: “Il Covi ha assicurato il coordinamento interforze, interministeriale e inter-agenzia delle operazioni di ricezione ed accoglienza a Fiumicino fino al passaggio di responsabilità al ministero dell’Interno”.

COSA SUCCEDE IN AFGHANISTAN?

Il generale Portolano ha anche offerto alle commissioni il punto sull’attuale situazione in Afghanistan: “I talebani oggi non sono altro che il frutto dei negoziati di Doha e ritengo e già dai primi passi si vede che tenderanno a creare una sorta di Stato islamico radicale organizzato e capace di interagire con tutto ciò che li circonda”. Questo vuol dire rapporti con il Pakistan, la Turchia, il Qatar e, soprattutto, un atteggiamento molto aperto con la Cina. “Quello che è ancora più preoccupante – ha aggiunto Portolano – è rappresentato dai rapporti con Al Qaeda, rappresentanti del quale sono già entrati nel nuovo ‘governo’ talebano”. Il rischio è che si crei una sorta di effetto emulativo all’interno della regione destabilizzando anche aree nelle quali opera la Difesa italiana. Portolano ha anche voluto aggiungere che sarà importante vedere l’evoluzione dei rapporti con Cina e Russia, “attori che potranno colmare il vuoto lasciato dal mondo occidentale”.

GLI ERRORI COMMESSI

Il comandante del Covi ha anche voluto offrire una panoramica degli errori che, a suo avviso, sono stati commessi in Afghanistan: “Quello che non ha funzionato è il cosiddetto ‘national building’ che si colloca nel disegno operativo a livello politico e strategico”. Per il generale le forze occidentali si sono sostituite troppo a lungo alla governance locale, privandola di quella leadership che le avrebbe permesso di proseguire nella gestione dello Stato nel momento in cui le forze occidentali sarebbero state inevitabilmente ritirate.

LE NECESSITÀ DELLA DIFESA ITALIANA

Per il generale, inoltre, ci sono stati anche dei limiti negli strumenti resi disponibili alla Difesa italiana, soprattutto per quanto riguarda i trasporti aerei. “I velivoli da trasporto dell’Aeronautica Militare e il ricorso all’outsourcing si sono rivelati, in termini generali, sufficientemente adeguati alle esigenze – ha detto portolano – tuttavia, le piattaforme militari in servizio non sono propriamente funzionali all’esigenze, e anche il ricorso a risorse di trasporto contrattualizzate potrebbe non assicurare alla Difesa, in un prossimo futuro, la necessaria flessibilità”. Per Portolano, dunque, l’evacuazione dell’Afghanistan ha evidenziato la necessità di valutare una maggiore capacità in questo senso, requisito fondamentale per l’Italia, con oltre cinquemila militari impiegati in quindici operazioni e venti missioni internazionali e bilaterali nei vari quadranti strategici globali.

IL RUOLO DELL’EUROPA

Anche l’Europa deve giocare un ruolo in questo potenziamento. Secondo quanto detto dal generale Portolano, un è necessario un accrescimento delle capacità europee nel disporre di uno strumento di gestione e di risoluzione delle crisi anche di ampia portata”. Un Europa in grado di agire sulla scena mondiale dovrebbe, comunque, essere complementare all’Alleanza Atlantica, che continuerà a essere il pilastro della difesa collettiva, della gestione delle crisi e della sicurezza cooperativa. “L’accrescimento delle capacità europee attraverso un’azione condivisa e sinergica di tutti gli strumenti del potere – politico, diplomatico, informativo e militare – consentirebbe all’Europa di contribuire in maniera efficace alla sicurezza e alla stabilità globale” ha concluso il generale.

Così ci siamo ritirati dall’Afghanistan. Il punto del gen. Portolano

Il generale Luciano Portolano, comandante del Comando operativo di vertice interforze (Covi), ha presentato la sua relazione presso le commissioni congiunte di Esteri e Difesa sulla partecipazione italiana all’intervento internazionale in Afghanistan e sull’enorme sforzo logistico eseguito dalla Difesa nazionale. Ma molte criticità restano sul terreno

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