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Khalifa Haftar non molla, respinge la proposta Onu per una tregua e rilancia l’assalto a Tripoli. La pagina Facebook del Libyan national army, la milizia fedele al signore della guerra della Cirenaica, ha respinto l’appello dell’inviato speciale dell’Onu, Ghassan Salamé, che aveva chiesto una tregua umanitaria in occasione della festività musulmana dell’Eid Al-Adha – che inizia l’11 agosto. È la festa del sacrificio, quella del pellegrinaggio nei luoghi sacri, e la richiesta di Salamé oltre che un valore simbolico ne aveva uno molto pratico: permettere ai pellegrini libici di compiere l’hajj senza il rischio di finire sotto un bombardamento, visto che gli aeroporto, sia Mitiga di Tripoli sia quello di Misurata, sono finiti spesso sotto gli attacchi dell’aviazione haftariana.

E invece, la pagina che fa da comunicazione ufficiale scrive che l’autoproclamato Feldmaresciallo dell’Est ha detto che “questa sarà l’occasione per i nostri coraggiosi soldati di impegnarsi di più e salvare la nostra patria benedetta al più presto”, perché “se lasciamo le milizie, diamo loro l’occasione di riorganizzarsi e di rafforzarsi nella capitale, soprattutto dopo gli attacchi e le perdite dolorose che hanno subito”. Spinta propagandistica classica; Haftar cerca ogni occasione per rilanciare l’assalto alla capitale come se fosse la fase conclusiva.

L’inviato speciale dell’Onu in Libia aveva progettato un’iniziativa per la de-escalation basata su tre punti, pensando di sfruttare la festività come momento simbolico di partenza da cui poi arrivare a una soluzione pacifica del conflitto. Il punto di partenza, ha spiegato Salamé, dimostrerebbe che i libici ritengono importante il fatto che esista un’alternativa alla guerra: la tregua per l’Eid al Adha. Il secondo punto sarebbe l’organizzazione di una conferenza internazionale con la partecipazione di tutti gli attori stranieri e infine una conferenza riservata solo ai libici.

Non più tardi di stamattina, il messo onusiano diceva all’agenzia turca Anadolou: ”Ho parlato con tutte le parti, compresi i paesi che sostengono Khalifa Haftar (Egitto, Emirati Arabi e Arabia Saudita, ndr). Molti di loro concordano sulla tregua durante l’Eid Al-Adha”, ma non aveva fatto i conti le mire egemoniche del generale freelance che negli anni s’è confezionato la guerra civile.

Intanto, Agenzia Nova – che sulla Libia ha sempre informazioni solide – scrive attraverso fonti da Bengasi che la Commissione per gli affari esteri della Camera dei rappresentanti di Tobruk (il parlamento monocamerale libico rifugiatosi nella città della Cirenaica durante la guerra civile del 2014 e tenuto sotto controllo dal regime militarista di Haftar), ha espresso la sua obiezione al memorandum di accordo firmato nel febbraio 2017 tra l’allora primo ministro italiano, Paolo Gentiloni, e il premier del Governo di accordo nazionale onusiano, Fayez al Sarraj. Si tratta dell’accordo sul controllo dell’immigrazione, la cooperazione che ha interrotto il grosso del flusso migratorio.

Secondo una dichiarazione ”la Commissione ritiene che l’accordo non tenga conto degli aspetti umanitari”. L’organo parlamentare, che ha la gran parte dei rappresentanti vicini al governo non riconosciuto di al Baida, l’esecutivo informale appoggiato da Haftar, contesta la gestione e il posizionamento dei centri di detenzione e la scarsa supervisione.

Yousef al Aqouri, che presiede la Commissione ha detto: “Abbiamo ritenuto in diverse occasioni le autorità italiane responsabili delle gravi conseguenze umanitarie derivanti da questo memorandum e abbiamo anche chiesto la chiusura immediata dei centri di detenzione perché non sono controllati dalle autorità legittime. Questo aspetto è uno dei problemi più importanti a cui stiamo lavorando”.

È una frecciata all’Italia organizzata dal comparto politico che copre le spalle ad Haftar. Il dossier immigrazione, che ha effettivamente delle criticità dal punto di vista umanitario, è un elemento fondamentale per l’equilibrio italiano, e stuzzicarlo serve agli haftariani per fare altre pressioni su Roma, teoricamente schierata più con Tripoli. Azioni del genere non sono nuove: la propaganda di Haftar è zeppa di minacce all’Italia, e da un paio di settimane sono arrivate anche al piano cinetico con i bombardamenti all’aeroporto di Misurata, nel cui perimetro si trova un ospedale militare italiano.

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