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Lo Stato islamico è tornato a colpire in Libia, mentre la situazione politica è ancora bloccata.

ATTACCO AD ABU GREIN

Nel pomeriggio di giovedì è stato attaccato un chekpoint nei pressi di Abu Grein, località a 100 chilometri da Misurata che segna il confine orientale tra la città/stato e il territorio intorno alla roccaforte dell’Is, Sirte. Il bilancio parla di una decina di misuratini morti, alcuni catturati ed altri giustiziati, e il sito libico Alwasat ha scritto che una ventina di veicoli armati sarebbero stati sottratti dai baghdadisti alle forze locali di Misurata. Nell’attacco i miliziani di Abu Bakr al Baghdadi sarebbero anche riusciti a prendere il controllo di alcuni villaggi nell’area.

KOBLER CERCA DI RISOLVERE LO STALLO ATTORNO A SERRAJ

Anche visti questi ultimi fatti, il delegato speciale per la crisi libica Martin Kobler è tornato a pressare sulla necessità di raggiungere l’unità per combattere i terroristi, ossia spinge affinché il parlamento HoR di Tobruk voti definitivamente l’appoggio politico al governo del premier Fayez Serraj previsto dall’Lpa, l’accordo siglato in Marocco il 17 dicembre del 2015 che ha intavolato tutto l’attuale percorso politico. Mercoledì un folto gruppo composto da 102 membri dell’HoR si sarebbe dovuto riunire a Ghadames, cittadina sul confine algerino/tunisino, per votare il sostegno a Serraj, ma il presidente del parlamento Agila Saleh ha di nuovo bloccato tutto. Kobler nei giorni passati è stato impegnato in due importanti visite, una negli Emirati Arabi, dove ha incontrato coloro che sono, insieme all’Egitto, i principali sostenitori esterni della Cirenaica extra-libica: un voto positivo all’HoR passa anche da lì, dagli uffici di chi vorrebbe l’est libico indipendente, federale, o una sorta di Kurdistan iracheno, per interessi geopolitici. Successivamente è volato a Mosca, dove ha incontrato l’espertissimo vice ministro degli Esteri russo Mikhail Bogdanov: secondo alcune indiscrezioni, difficilmente verificabili, l’obiettivo del viaggio era cercare di convincere i russi, membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sulla possibilità di accreditare in via definitiva l’esecutivo di Serraj, anche senza il voto del parlamento.

HAFTAR AVANZA

Intanto, lo specchio militare di Saleh e Tobruk, il generale Khalifa Haftar, ha ordinato giovedì alle sue truppe di muoversi su Sirte per attaccare lo Stato islamico, forte anche della fedeltà del capo delle Pfg, le milizie che controllano il petrolio, Ibrhaim Jadhran, fino a pochi giorni fa sostenitore del governo Serraj. C’è, però, molta propaganda dietro a queste dinamiche. È da giorni che convogli di veicoli armati dall’est e dall’ovest libico vengono segnalati pronti alla missione. Ognuno dei due schieramenti politico/militari, Tripoli (non più espressione delle milizie islamiste, ma ora rappresentato dal governo di Serraj, con sponsor l’Onu) e Tobruk, briga per intestarsi una campagna e una vittoria contro il Califfato che ne accrediterebbe la legittimazione internazionale. Ma se il premier Serraj chiede unità e programmazione anche in questa campagna, non è solo per dare un senso di Libia-unita e scongiurare il rischio di uno scontro frontale intralibico (accenni nei giorni scorsi nell’area di Zellah, tra misuratini e forze di Haftar), ma è anche perché nessuna dei due raggruppamenti locali ha probabilmente la forza per sconfiggere lo Stato islamico da solo. Quella di Misurata è considerata la più forte milizia libica, eppure, nonostante il convoglio anti-Is fosse ammassato nell’area di Abugrein, giovedì i baghdadisti hanno attaccato, ucciso, razziato e preso il controllo di di alcune aree.

L’OCCIDENTE TRACCHEGGIA

Dalla sponda occidentale arrivano segnali di rallentamento. Se negli ultimi giorni si era tornati a parlare, di nuovo, della possibilità di un intervento a sostegno delle forze libiche di Serraj per contrastare lo Stato islamico, ora l’Italia (e diverse altre nazioni) frenano. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti intervistata dal Washington Post dice che i tempi non sono ancora maturi per questo genere di attività (che dovrebbe comprendere la formazione e il sostegno alle forze militari di Tripoli, per le quali servirebbe almeno “un nucleo di esercito regolare” unitario aveva spiegato Kobler due giorni fa a Repubblica). Pinotti comunque rafforza la volontà italiana di chiedere un allargamento della missione Nato Active Endeavour dall’Egeo al Mediterraneo meridionale, proposta sostenuta anche dal segretario generale Jens Stoltenberg; la missione avrebbe la sua più grossa complicazione nell’assenza di una controparte di governo stabile in Libia. Ma mentre il WaPo definisce la ministro italiana “una delle figure centrali per le deliberazioni degli alleati sulla Libia”, alle Patch Barracks di Stoccarda, la sede di EuCom, il capo delle Forze armate americane Joseph Dunford, il segretario alla Difesa Ash Carter e Mike Scaparrotti, nuovo comandante supremo della Nato in Europa, hanno parlato con i giornalisti che quella visita congiunta aveva pure l’obiettivo di invitare AfriCom, il comando Africa che gestisce anche la Libia e cha ha sede sempre a Stoccarda, di prendere contatti operativi, attraverso l’ambasciatore Peter Bodde e l’inviato speciale della Casa Bianca Jonathan Winer, con Serraj per capire come sostenerlo militarmente.

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