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Secondo i magistrati turchi avrebbero inteso provocare il caos nei mercati finanziari la scorsa estate. La lira turca va giù e Ankara se la prende con Bloomberg. Dopo i massacri di Gezi Park e le crociate erdoganiane contro sportivi, magistrati, omosessuali (con il primo carcere al mondo per gay),  attori di teatro e social network, ecco la clava contro 38 persone, tra cui economisti e due giornalisti. Attesi ora dalle purghe della giustizia.

BLOOMBERG

Le accuse nello specifico sono state lanciate contro Kerim Karakaya e Fercan Yalınkılıç di Bloomberg, l’economista Mustafa Sönmez, lo scrittore e conduttore televisivo Merdan Yanardağ e il giornalista Sedef Kabaş Yirmibeşoğlu. Molti dei sospettati hanno già subito processi e carcere in altri casi.

Nel mirino dei pubblici ministeri turchi un articolo in particolare, secondo cui alcune filiali bancarie stavano esaurendo le valute straniere e le banche avevano chiesto all’organo di regolamentazione del settore di studiare l’impatto degli shock finanziari. Era l’agosto del 2018 e tutto il mondo guardava al Bosforo. Una tesi che Ankara, tramite il suo potere giudiziario, valuta come un tentativo di destabilizzare le istituzioni e il sistema finanziario nel suo complesso. Anche il solo fatto di condividere quelle informazioni è stato pesato come un crimine, hanno aggiunto.

Il tutto senza tenere conto della contingenza che la lira turca è scesa al minimo storico di 7,2 ad agosto 2018, mentre tutti di fatto si liberavano della valuta durante la crisi politica con gli Stati Uniti e per timore di un’economia surriscaldata. La lira ha perso in generale il 28 percento del suo valore rispetto al dollaro l’anno scorso ed è diminuita di un ulteriore 10 percento al 31 dicembre 2018.

LIRA & BANCHE

Nell’articolo incriminato, Bloomberg raccontava anche un episodio: una filiale bancaria non aveva potuto immediatamente soddisfare una richiesta di un cliente di prelevare 5.000 dollari. E più in generale dava conto del trend complessivo andato in scena dieci mesi fa in Turchia, con la diciassettesima economia del mondo, paragonabile per difetto a quella della Florida, in cui si agitava lo spettro della fuga di capitali, in una macro regione strategica per i destini del Medio Oriente.

Non va dimenticato lo scenario che si stava delineando in quei giorni in Turchia, con le borse europee che cedevano quasi tutte (anche Piazza Affari giù), con quelle asiatiche in ansia per i numerosi investimenti così come accadde per crisi finanziaria in Grecia e l’euro che scendeva ai minimi dal luglio 2017.

POLICIES

Inoltre come sostenuto all’unisono da gran parte degli analisti, l’iper deficit deciso per anni da Erdogan, sommato alle chirurgiche influenze sulla banca centrale turca anche grazie al placet del ministro dell’economia, suo genero Berat Albairach, furono alla base della crisi sistemica. Lo dimostrano i numeri, con passività in valuta delle società che toccavano 337 miliardi di dollari e un deficit di 217,3. Numeri incastonati nello schema delle esposizioni delle banche straniere, con quelle spagnole in testa in virtù di 83 miliardi di dollari e le italiane a 17 miliardi.

CROCIATE

I giornalisti stranieri, messi questa volta nel mirino dal governo, sono gli ultimi di una lunga serie di “nemici” che comprende sportivi, magistrati, attori di teatro e social network. Dal 2016 ad oggi sono stati licenziati almeno 160.000 dipendenti pubblici e oltre 50.000 attualmente in carcere sono stati formalmente accusati e tenuti in regime di detenzione preventiva.

Prima ancora era stato Twitter ad essere bandito dagli smartphone turchi: erano i giorni della grande tangentopoli che toccò da vicinissimo l’inner circle di Erdogan, con metà dei suoi ministri costretti alle dimissioni e sospetti anche sulla ong di suo figlio. Poi fu la volta degli sportivi: il caso più clamoroso riguardò il 26enne stella dell’Nba Enes Kanter, colpito da un provvedimento di estradizione in quanto anti erdoganiano convinto (celebre il suo tweet rivolto al sultano: “Io non ho paura di te”). Il giocatore che vive negli Stati Uniti dal 2009 venne iscritto anche nella speciale lista dell’Interpol.

E ancora, pochi mesi fa Erdogan aveva dato del fascista alla star del cinema Rutkay Aziz, 72 anni, che aveva detto pubblicamente “il presidente dovrebbe provare ad ascoltare Mozart e Beethoven, potrebbe fare qualcosa di buono”. Stessa moneta contro Deniz Cakir, attrice di una serie tv molto seguita, attiva in occasione di una mobilitazione contro alcune donne che indossano il velo. Sotto inchiesta per diffamazione del presidente e minacce sono finiti altri due attori molto noti Müjdat Gezen, 76 anni, e Metin Akpinar, di 78. Il Presidente non ama particolarmente le arti: due anni fa ha attaccato il Turkish State Theatres, dove dalla stagione 2016-2017 sono stati vietati autori non turchi come Shakespeare, Cechov, Brecht e Dario Fo.

Anche l’Ue ha condannato la Turchia per le sue performances legate alla libertà di parola e ne ha congelato l’apertura dei capitoli dei colloqui di adesione anche perché in Turchia può essere un crimine diffondere notizie o voci su singole banche.

twitter@FDepalo

La lira turca va giù? Ankara se la prende con Bloomberg

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